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157 ANNALI D'ITALIA, ANNO XLIII. 158

pretore allora e governatore della Germania inferiore, che gli fece credere facili le conquiste in quell’isola. Claudio informato della proposizione, e voglioso di guadagnare un trionfo, vi consentì. Trovò Plauzio una somma renitenza nell’esercito, per uscire del continente e passare in paese incognito; nè si voleano in fatti muovere. Arrivò colà Narciso spedito con ordini pressanti da Claudio. Questo liberto, gonfio pel gran favore del padrone, arditamente salì sul tribunale di Plauzio per fare un’aringa ai soldati. Allora a tutti montata la collera, cominciarono a gridare: Ben venuti i Saturnali; perchè in que’ giuochi i servi si trasvestivano con gli abiti de’ padroni. E senza volerlo ascoltare, alzate le bandiere, tennero dietro a Plauzio, il quale colle navi preparate andò poi a fare uno sbarco nella Bretagna. Non si aspettavano que’ popoli una tal visita; e perchè non s’erano nè preparati nè uniti, si diedero alla fuga, nascondendosi nelle selve e nelle paludi. Con Plauzio andò anche Vespasiano, che fu poi imperadore. S’impadronirono questi due valorosi uffiziali d’una parte di quel paese sino al Tamigi; nè osando Plauzio di passar oltre, significò con sue lettere la positura degli affari a Claudio, e quali popoli egli avesse soggiogato, quali Vespasiano; e come Cajo Sidio Geta inviluppato dai nemici con pericolo d’esser preso, gli avea poi sbaragliati. Claudio o avea già fatta o fece allora la risoluzione di passar colà in persona. Lasciato dunque il governo di Roma a Lucio Vitellio, ch’era stato o pur tuttavia era console, probabilmente nella state s’imbarcò, e da Ostia fece vela verso Marsiglia, con patire per viaggio una pericolosa burrasca. Poscia parte per terra, parte per mare arrivò all’Oceano: e finalmente raggiunse l’armata, che stava tuttavia accampata presso al fiume Tamigi. Valicato quel fiume, sconfisse i Britanni accorsi in gran copia per impedirgli il passaggio, e prese Camaloduno reggia di Cinobellino. Così [p. 158]Dione1: laddove Svetonio2 scrive non aver egli data battaglia alcuna. Certo è, che per quelle imprese due o tre volte conseguì di nuovo il titolo di imperadore, titolo indicante qualche nuova vittoria. Anche Tacito3 afferma aver egli conquistato un buon tratto di paese nella Bretagna, e domati ivi alcuni di quei re; e Svetonio4 stesso asserisce che Vespasiano in quella spedizione, ora sotto Plauzio ed ora sotto lo stesso Claudio Augusto, si segnalò con essere ben trenta volte venuto alle mani con que’ popoli, ed aver sottomesse due di quelle possenti nazioni, prese venti città e l’isola di Vicht. Non molto tempo si fermò Claudio in quelle contrade, e dopo aver tolte l’armi agli abitanti del paese conquistato, e lasciato Plauzio coll’esercito al loro governo, si rimise in viaggio per tornarsene a Roma. Sei mesi spese nell’andare e venire; ed abbiamo da Seneca5 e da Tacito6, che nella Bretagna fu alzato un tempio a questo imperadore, la cui impresa aprì l’adito all’armi romane di stendersi maggiormente coll’andare degli anni in quella vasta isola. Giunti a Roma molto prima di Claudio, Gneo Pompeo e Lucio Silano, generi d’esso imperadore, coll’avviso del lieto avvenimento7, il senato decretò il trionfo a Claudio, e diede tanto a lui che al picciolo suo figliuolo Claudio Tiberio Germanico, il titolo di Britannico, con ordinar dei giuochi da farsi ogni anno in sua memoria e l’erezione di due archi trionfali, l’uno in Roma e l’altro al lido della Gallia, dove Claudio entrò in mare per passare in Bretagna. Accordò inoltre a Messalina moglie di Claudio, ancorchè non avesse il titolo d’Augusta, il primo luogo nelle pubbliche adunanze, (il che può parere strano)

  1. Dio., lib. 60.
  2. Sueton. in Claudio, cap. 17.
  3. Tacitus in Vita Agricolae, cap. 13.
  4. Sueton. in Vesp., cap. 4.
  5. Seneca, in Apocol.
  6. Tacitus, Annal., lib. 14, c. 31.
  7. Dio., lib. 60.