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145 ANNALI D'ITALIA, ANNO XLI. 146

esaltazione, passò al palazzo; nè altro di funesto per allora operò, se non che per politica condannò a morte alcuni degli uccisori di Caligola, e massimamente il lor capo Cassio Cherea, che coraggiosamente la sofferì. Volle perdonare a Cornelio Sabino, e conservargli anche la sua carica; ma questi, non sapendo sopravvivere all’amico Cherea, si diede poi la morte da sè stesso. Del resto Claudio, dopo aver ricevuto i titoli di Cesare Augusto e di pontefice massimo, e la tribunizia podestà, si trovò distinto da Tiberio suo antecessore, coll’essere chiamato figliuolo di Druso o pur di Tiberio: laddove Tiberio s’intitolava figliuolo di Augusto. E nelle medaglie1 Tiberio è mentovato col solo pronome TIBERIVS CAESAR; ma Claudio TIBERIVS CLAVDIVS CAESAR. Nè Claudio solea anteporre il titolo d’imperadore al suo nome, ma posporlo. Ora anch’egli, non meno di quel che avessero fatto i precedenti due cattivi imperadori, diede un bel principio al suo governo. La più gloriosa delle azioni sue fu quella di accordare un general perdono a chiunque avea trattato di ridurre di nuovo Roma allo stato di libertà e di escludere lui dall’imperio. Nè egli rivangò mai più questi conti, anzi promosse a gradi più illustri chi s’era mostrato più zelante in quella occasione. Guai a loro, s’egli avesse avuto il cuor di Tiberio o di Caligola! Anzi neppur fece vendetta di tanti e tanti, che in vita privata o l’aveano oltraggiato, o vilipeso gastigandoli solamente se si provavano rei d’altri delitti. Allorchè giunse in Germania la nuova dell’ucciso Caligola, furonvi molti che sollecitarono Sulpicio Galba, general di quelle legioni, ad assumere l’imperio. Mai non volle egli acconsentire, perchè più poteva in lui l’onore che l’ambizione. Claudio, di ciò informato, tenne sempre Galba per uno de’ suoi migliori amici; laddove Tiberio e Caligola furono soliti di [p. 146]levar di vita chiunque credeano riputato degno dell’imperio. Un altro merito si era acquistato Galba nell’anno precedente, perchè appena fu uscito delle Gallie Caligola, che i Germani fecero un’irruzione nelle provincie romane; ma Galba li ripulsò con tal vigore, che fu lodato infin da Caligola, principe per altro invidioso della gloria de’ suoi generali. In quest’anno ancora egli sconfisse i popoli Catti nella Germania: laonde Claudio, per tal vittoria e per altra rapportata da Publio Gabinio contro i Cauci, fu nominato imperadore per la seconda volta. Il timido natural di Claudio, avvalorato anche dal recente esempio del nipote, cagion fu, ch’egli per un mese non osò d’entrar nel senato; nè alcuno, ancorchè donna o fanciullo, da lì innanzi a lui si accostò, se prima non era visitato, per vedere se portasse sotto coltello od altre armi. Andando a qualche convito, tenea sempre le guardie intorno alla tavola; e volendo far visita a qualche malato, facea prima ben cercar per la camera e per li letti se armi vi fossero. A fine poi di cattivarsi il pubblico amore, levò tosto, o almeno ristrinse assaissimo, la licenza conceduta ad ognuno in addietro di accusare chiunque si volea di lesa maestà2; e rimise in libertà o richiamò dall’esilio le persone processate per questo, con volerne nondimeno il consenso del senato. Abolì gli aggravi imposti da Caligola, nè volle i regali annui comandati da esso suo nipote. A chiunque indebitamente era stato spogliato de’ suoi beni dal medesimo e da Tiberio, li restituì. Fece anche rendere alle città le statue e pitture che Caligola avea fatto condurre a Roma. Soprattutto ebbe in abbominio gli schiavi e liberti, che sotto il disordinato precedente regno si erano rivoltati contra de’ lor padroni; e similmente i falsi testimoni che in addietro aveano avuta gran voga. Egli ne fece morir la maggior parte, obbligandoli a combattere negli anfiteatri colle fiere. La

  1. Mediobarbus, Numism. Imper. Goltzius, Patinus et alii.
  2. Sueton. in Claudio, cap. 3. Dio., lib. 60.