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ma puzzava come una pecora, tanto era sporca e coi capelli aggrovigliati e pieni di pidocchi. La mamma disse che bisognava metterla in bucato; ed infatti la lavò con l’acqua calda e le rase i capelli: così parve un maschietto, nera di faccia, con gli occhi verdastri ed i piedi grandi. Doveva essere una zingara. Non sapeva una parola d’italiano, eppure capiva tutto: lo zio Alessandro, che conosceva il tedesco, la istruiva. Aveva la mia età, circa otto anni, più alta, però, e più forte di me. Nei primi giorni, quasi avesse paura di noi tutti, cercava sempre di nascondersi; ma quando in famiglia ricominciarono i guai poichè lo zio Alessandro dichiarò ai fratelli che chi voleva mangiare doveva lavorarselo, ed essi si ribellarono, ed egli ne cacciò via uno, promettendo di fare altrettanto con gli altri due, ella prese coraggio, come trovandosi bene nella confusione, e apparve qua e là, giocò con noi bambini, fece amicizia con nostra madre, e sopratutto col nonno.
Il nonno, — continuò il vecchio, dopo aver bevuto un altro sorso d’acqua, mentre uno per parte Giovanni e Baldo lo ascoltavano rivolti a lui come incantati, — stava sempre seduto in fondo all’atrio, con le mani appoggiate al bastone, e non si alzava