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Lo zio Dionisio pianse in realtà, ricordando la ricca stalla dei nonni, dove le bestie bovine e vaccine, in armoniosa teoria, dal toro leonino fino ai vitellini di latte piccoli come cani, si stendevano simili ad una giogaia di nuvole chiare dalle quali pioveva denaro.
Anche il cane fece lieta accoglienza all’ospite nuova, ed i buoi da lavoro muggirono nel vederla entrare nella stalla.
E quando alla sera fu munta, i bambini piegati a guardare fra le sue zampe, la nonna che reggeva in mano il vaso luccicante del latte, il vecchio barbone che fissava la vacca con occhi da innamorato, formavano un quadro che avrebbe entusiasmato un pittore di cose semplici.
Baldo portò il latte al caseificio, e quando consegnò i denari alla madre fu contento nel vedere ch’ella si faceva il segno della croce.
L’avvenimento aveva dissipato anche la preoccupazione di loro due; ed il colloquio della domenica notte già prendeva una sfumatura di sogno, quando arrivò Pinon.
Forse egli aveva saputo dell’acquisto della vacca e veniva a partecipare alla festa; ma il suo viso era insolitamente triste, sofferente anzi: appena lo vide, Annalena