Pagina:Anime oneste.djvu/314

300 le anime oneste

d’intere pelli di cinghiale e di muffoni, orlati di scarlatto, funzionava anche da sala d’armi. Sulle pareti s’incrociavano vari fucili, archibugi sardi, revolver, pistole, stocchi e infine tutte le armi nuove e vecchie che Sebastiano aveva potuto scovare in casa sua e altrove.

Molti corni da caccia, polveriere e leppas, lunghi coltelli sardi, entro guajne di cuoio nero, completavano le bizzarre panoplie.

Era un corno da caccia che Sebastiano additava.

— Me l’ha dato il maresciallo del villaggio, dicendomi: Se per caso ha bisogno di noi suoni questo.

Il villaggio era vicinissimo.

Due giorni dopo l’arrivo, Angela volle andarvi; l’accompagnarono suo padre e la serva giovine. Anna restò a S. Giacomo, e chiacchierò tutta la sera con zia Mattoi (Maria Antonia), la serva attempata, che puliva la farina.

— No, non facciamo pane d’orzo, noi, ma pane di grano. Torna più a conto, checchè si dica, — diceva la vecchia.

— Fate il pane nero, s’intende?