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il sacrifizio 191

duta, e se ne andò subito, silenziosamente, a letto. Pensò a lungo, con una intensità struggente e acuta. Aveva freddo, ma le tempia le battevano febbrilmente, e con gli occhi chiusi, le cui palpebre le sembravano di piombo, vedeva dei piccoli cerchi turchini, iridati, volteggiare, guizzare, volare e sfumare, con leggeri stridii, su uno sfondo immenso, vuoto, che tuttavia aveva la morbidezza di un drappo di velluto nero.

La voce di Caterina, che entrava in punta di piedi con un lume in mano, le fece aprir gli occhi.

— Dormi già? Io credevo che tu leggessi.

— Dammi un po’ d’acqua, — mormorò Anna sollevandosi un poco. — E Lucia?

— Salirà fra poco. Cos’hai, Annì? — domandò Caterina versandole un bicchiere di acqua.

— Ho sete.

Bevè un lungo sorso d’acqua, e poi, guardando attraverso la leggerissima lanuggine bionda dei suoi polsi sottili, disse:

— Mi pare un campo di stoppia, guarda. E Lucia non viene ancora?