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ROMA 23


dagli invasori: poi molto materiale preso dalle vicine rovine era stato accumulati intorno o sopra al Lapis Niger che doveva rimanere così celato per infiniti secoli agli sguardi dei Romani. E fra questo materiale si trovava la stele, suscitatrice di una così fiera polemica fra i filologi e gli scienziati contemporanei.

La stele votiva è una piramide di tufo giallo, alta 50 centimetri e larga 22 tagliata negli angoli e — disgraziatamente per noi — troncata nella sommità. Sulle manico del coperchio della cista ficoroni nel museo kircheriano. quattro facce, e spesso anche sulla smussatura degli angoli, è tracciata un’iscrizione in lettere arcaiche, nella guisa dette ad aratura di bove (bustrofidon) perchè cominciando da sinistra a destra continua da destra a sinistra, alternandosi così di seguito fino alla fine. Di questa iscrizione sono state tentate molteplici traduzioni e per primo il professor Ceci credette di leggervi una delle leggi religiose istituite da re Numa per regolare l’ordine dei sacrifici, il numero e la qualità delle vittime e i privilegi dei sacrificatori. Ma pur ammettendo l’ipotesi di una delle antichissime leggi religiose, il prof. Hülsen con maggiore probabilità vorrebbe farla risalire alla