un simulacro d’oro d’Apolline si mostrò un sepolcro di Bacco, dinanzi al quale i presidi del collegio dei sacerdoti nel tempo del solstizio fecero secreti sacrifizi. Verso lo stesso tempo le θυιάδες destarono sul Parnasso il Licnites (Plut. Is. Os. 35) e celebrarono in onore d’Apolline e di Bacco quelle feste strepitose proprie al culto di quelle regioni (Paus. X, 32, 5), alle quali presero parte non soltanto le donne delle contrade limitrofe, ma ancora quelle dell’Attica (Gerhard, griech. Mythologie I, § 441, 4, p. 478). Questa stretta riunione del culto d’Apolline e di Bacco venne ben presto rappresentata da grandiosi monumenti dell’arte. Sui frontoni del tempio di Delfo si vedevano raffigurati sull’uno Apolline, Artemis, Leto e le Muse, sull’altro Bacco e le θυιάδες (Pausan. X, 19, 3). Essendo questi culti del santuario nazionale noti in tutta la Grecia ed avendo luogo un simile sincretismo senza dubbio anche altrove, il che per l’Attica par che provino le teorie pitiche, che dall’Attica andarono a Delfo, non dobbiamo maravigliarci che anche i pittori di vasi, maestri di un’arte inferiore, ne prendessero i soggetti delle loro rappresentazioni. Da questa mescolanza del culto d’Apolline con quello di Bacco si spiega ancora, perché su vasi ed in altre rappresentazioni dell’arte Apolline e Bacco compariscono spesse volte uno accanto all’altro, e scene del mito delle due divinità son messe insieme sui due lati degli stessi vasi; argomento che l’angustia dello spazio ci proibisce di esporne qui più estesamente (v. Gerhard. auserl. Vasenb. I, tav. XXXII segg. p. 114 segg.). Essendo questo il risultato della spiegazione del nostro dipinto, ci riuscirà facile di trovare anche una spiegazione conveniente degli alberi d’alloro che vediamo rappresentati sul lato di fronte. Probabilmente essi servono ad