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trebbe credere. Una persona, che eseguisce una ceremonia bacchica, in ogni modo, se tien qualche cosa in mano, porta il tirso o il narthex, non mai l’alloro. Col narthex si presenta la figura muliebre che sul vaso poc’anzi rammentato nei Mon. d. Inst. VI, tav. V b liba in presenza di Bacco. Il tirso vien recato da un’altra figura che eseguisce il medesimo atto sur un vaso pubblicato nei Mon. d. Inst. VI, 1860, tav. XXXVII. Sia pure dei miei argomenti l’uno più debole dell’altro, dal loro insieme ne segue in ogni modo, che non ci si presenta sul nostro dipinto un atto del culto bacchico, ma bensì di quello d’Apolline: opinione, la quale più oltre sarà confermata e da analogie, che ci vengono fornite dai monumenti, e da testimonianze che si trovano negli scrittori.
Il soggetto delle rappresentazioni del nostro vaso sarebbe dunque questo: Bacco ed il suo tiaso guardano qualche atto del culto d’Apolline. Quell’altro vaso da noi rammentato, che si trova presso il Gerhard, Ant. Bildw. tav. LIX (= Denkm. d. a. K. II, 36, n. 425 = Inghirami vas. fitt. III, t. 255-56) esibisce una rappresentazione affatto compagna, se non che quella non si divide in lato di faccia e di dietro, ma continua senza interruzione attorno al vaso, il che è possibile mercè la forma di esso, essendo i suoi manichi applicati al di sotto del dipinto, quasi come in quella specie di vasi effigiata dal Jahn nella raccolta dei vasi del re Lodovico tav. II, n. 56. S’intende, che qui posso trattare soltanto di quelli momenti della rappresentazione, che contribuiscono ad intendere il nostro dipinto, e debbo rinunziare ad una spiegazione estesa di tutte le figure, dei loro concetti ed attributi, che in parte riescono assai difficili ad intendersi. Anche qui è rappresentato il tiaso bacchico, assistendo ad un