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capitolo vi. | 59 |
Però gran fatica gli sarà andarvi, sosterrà grandi travagli, e campando sarà assai». Ciò udito il Meschino, che presente era all’incantagione, si rallegrò assai, e domandò in qual parte erano gli Alberi del Sole. L’incantatore rispose: «Al fine della terra verso levante, dove si leva il sole e la luna».
Il Meschino prese in quel momento commiato dall’imperatore, e non potendolo muovere nè egli nè Alessandro a restare, gli donò una crocetta d’oro con una catenella, e misegliela al collo. In quella era del sangue di Cristo, e del latte della Madonna, e del legno della Croce di Cristo1; e dissegli l’imperatore: «Figliuolo, finchè avrai questa crocetta addosso, niun fantasma ti potrà mai nuocere, ma guarda di non peccar mai con essa carnalmente; guardati di mortal peccato più che tu puoi». Volle
- ↑ La cavalleria nacque sotto l’influenza del cristianesimo. Ogni virtù che il cristianesimo abbia santificato, era raccomandata scrupolosamente agl’iniziati alla cavalleria; ciò che parrà più diffusamente, parlando de’ cavalieri erranti o paladini. E quando la Chiesa cominciò ad infondere in essa il suo spirito, la cavalleria divenne come un ordine ministrato da’ vescovi, porgendo a’ cavalieri il collare, come a’ chierici, e quindi invitandoli di fare di tanto in tanto delle offerte all’altare:
Car moult est bien l’offrande assise
Qui en la table Dieu est mise,
Car elle port gran vertu.Ma questa religione in quante strane superstizioni sia quindi degenerata, lo conoscerà facilmente chi avverta fin dall’infanzia aver avuto i cavalieri un’educazione superficiale in fatto di religione, e loro non essere più spesso raccomandate che le pratiche esterne. L’idea ch’essi s’erano formata del cristianesimo, era tutta materiale, d'onde ne venne quella strana confusione d’idee religiose e d’immagini d’amore, di paradiso e d’inferno, di diavoli e di spiriti maligni.
Saint-Pelage, per farci conoscere il sentimento religioso di que’ cavalieri, riporta il fatto del prode Stefano Vignoles, detto La-Hire. Andava questi col conte di Dunois per liberare dall’assedio Montargis nel 1427. Appena vicino al campo degli Inglesi che assediavano la città, trovò un cappellano cui egli pregò a voler
introdotto nella sua storia cavalleresca questo paragone d’Alessandro, il quale quantunque guidato nelle sue conquiste da grandi fini di politica, rileva tuttavia un tale slancio d’idee, un tale trasporto d’immaginazione, che lo spinge sempre più avanti, sempre più lontano verso l’Oriente, là dove è quasi follia l’andare, e dove non vi hanno più conquiste a fare. Perchè egli non si arrestava a Babilonia, vero centro dell’impero d’oriente, di quell’impero che egli voleva stabilire? No; bisogna correre alle Indie, bisogna correre, come parlano di lui le tradizioni di Java, fin là dove nasce il Sole, e, se la sua armata non l’avesse arrestato, sarebbe marciato fin nell’America! In quest’impetuosità fuori d’ogni riflessione, ma sublime, vi ha molto del cavalleresco, e la cavalleria non fallò a riconoscere Alessandro per uno de’ suoi, e considerarlo come il più vasto centro di uno dei cicli della poesia cavalleresca.