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54 | guerino. |
stava non lieta. Egli era occupato da nuovo pensiero, che in tale fortuna se gli apparecchiava molto doloroso e crudele. Pensava le parole che gli aveva dette Elisena, presenti tante nobilissime donne, e quello che avevagli detto anche Brunoro in presenza di tanti baroni, e spesso gittava gran sospiri. Alcuni gentiluomini andarono per questo alla camera di Alessandro, e dissero a lui come il Meschino nulla si rallegrava, anzi tanto pareva esser pieno di pensieri, che tutta la festa conturbava. Alessandro, che ciò intese, ebbe dolore, e, con tutto ch’ei giacesse ferito, venne in sala dove erano tutti i baroni, i quali furon pronti a fargli onore. Salutati gli altri cortesemente, e veduto il Meschino, n’andò a lui. Il Meschino gli s’inchinò riverente, ed Alessandro, poichè l’ebbe un po’ guardato, cominciò a dirgli queste parole: «Caro fratello, qual è la cagione che tanto ti tiene occupato? Deh! perchè non dài sollazzo a tutti i baroni e cavalieri, i quali guardando te e non vedendoti allegro, non si possono anch’essi rallegrare». A cui il Meschino rispose: «Mio Alessandro, per qual cagione vuoi tu che io mi possa mai rallegrare, considerando qui non esser alcuno di sì vile condizione, che non sappia dove ritrovar la sua patria, se non solamente io, il quale sono inviluppato in un fortunoso mare che non ha porto nè spiaggia?... Oh! quanto ha più ragione di allegrarsi il marinaio, il quale si trova nella fortuna in mezzo al mare, ma colla speranza di ritornare al porto, dove se arriva, spera di riposarsi egli e la sua roba con più placida e quieta vita! Ma io sono in un grandissimo mare, e la mia nave non sa a qual porto si debba approdare. Che mi val buon vento? Che mi val bonaccia? Che mi vale onor del mondo, chè sempre l’animo mio sta per arrivare allo scoglio? Molto mi sarebbe più cara la morte che la vita, se avessi a durare in questo stato. Per questa ragione mi voglio subito partire di qui per andare alla ventura cercando la mia generazione; e mai non finirò di cercare, finchè non troverò il padre mio. Solo in Dio ho speranza, e chi mi facesse signor di tutto il mondo, pure non mi torrebbe il dolore; chè solo Dio potrà darmi consolazione». E mentre che diceva queste parole, molti sospiri e lagrime gittò.
Alessandro udendo quelle parole, per le quali intese lui volersi partire, a levarlo da questa opinione, rispose: «O nobilissimo