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mosse con grande ardire, mettendo un feroce strido1. Il primo scontro fu il Meschino e Torindo. Torindo tutto lo passò il Meschino, onde fu egli il primo morto. Alessandro scontrò Manacor figliuolo del re Astiladoro, ed ambidue caddero da cavallo, rotte le lancie. Presto si levarono colle spade in mano l’uno contro l’altro accanitamente. Costantino si scontrò con Falisar, e si ruppero addosso le lancie, e per gli urti dei cavalli andarono a terra entrambi. I due valenti baroni levatisi su prestamente si assalirono molto ferocemente adoperando le spade. Archilao si abbattè con Tanfiro, e fracassatesi le lancie addosso, rimasero ambidue feriti. Amazzone, fratello di Archilao, si scontrò con Damonte altro figliuolo di Astiladoro, e ambidue passatisi colle lancie, ad un’ora caddero morti. Dicesi dagli autori che, dalla parte de’ Greci, in questo primo scontro morirono venticinque, e de’ Turchi non più di quindici. Quando il Meschino si volse, e vide tanti Cristiani morti, adirato se n’andò incontra a Fieramonte, anch’esso prole valorosa d’Astiladoro, partigli la faccia per mezzo, e morto lo abbattè da cavallo.

Era nel campo un picciolo monte, lungi dalla bastia un tratto di balestra, nel quale chi stava sopra, poteva dentro la bastia vedere. Da quel luogo quando Astiladoro vide al primo tratto tanti Cristiani morti, ebbe grande allegrezza, ed all’incontro l’imperatore di Costantinopoli gran dolore, cosicchè questi piangendo discese le mura, e andò a ritirarsi nel palazzo mettendo la battaglia per perduta, massime dopo che vide Costantino ed Alessandro abbattuti. Ma la fortuna, che fa voltar carta, e dà il giuoco vinto e perduto a cui le piace, e principalmente nelle battaglie che sono dubbiose; però finchè l’avversario ha in sè alcuna cosa ancora di proprietà non lo tenete a vile. Egli può fare in un momento ciò che altri non avrà potuto in mille anni. Tutta la terra era in

  1. Allorchè davasi il segno della battaglia, l’esercito mandava altissime strida per far terrore a’ nemici, o per animarsi reciprocamente alla zuffa, e ciò chiamavasi il Grido di guerra; e Paolo Diacono lo diceva Bellicum clamorem. Nell’anno 1268 prima di dar principio al terribil fatto d’arme fra Carlo I re di Sicilia e il re Corradino, cohortibus ad bella dispositis, tubæ vicissim sonitum dant terribilem, concrepant cymbala, cælum decangit clamoribus, tomitruis. E i Saraceni gridano secondo il costume, segue a dire lo storico Faba Malaspina, et quasi cadentes hostes contererent, vocibus clamare continuo invalescunt.