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la notizia come di qui a tre dì si combattesse e si dovesse fare una bastia in campo. Da ogni parte furono subito trovati uomini che fecero la bastia per l’imperatore e per gli altri, sicchè in due giorni fu fatta con gran fossi e steccati e due entrate e ponti levatoi. E sopra quei ponti levatoi solo uno per volta poteva entrare. A questo modo si arrivò alla vigilia della battaglia.

Ora dirò come entrarono nella Bastia i cinquanta Cristiani da una banda, e cinquanta Turchi dall’altra. — La mattina seguente adunque che si doveva entrare nella bastia, il Meschino con tutta la compagnia e l’imperatore, andati alla chiesa di Santa Sofia, udirono messa, e tutti confessi si comunicarono, e baciaronsi la bocca. Tutto il popolo stava a vedere piangendo. Tutta la gente, grandi e piccoli, uomini e donne ginocchioni per le chiese, per le case e per le vie, piangevano tutti, pregando Dio che desse vittoria al loro capitano. Essi poi quando furono per uscir dalla chiesa, Alessandro parlò, e disse: «Signori Greci, in fino ad ora io non ho detto nulla, non debbo però star più a lungo dal manifestare pubblicamente a tutti la mia riconoscenza. Poichè la vostra presenza mi conforta tanto, che, pensando che noi combattiamo per la ragione, non mi pare che la vittoria ci possa mancare. E Dio, e la ragione, e vostre franche persone dimostrano chiaramente la vittoria esser nostra». Alessandro finì in queste parole, per cui si levò un gran grido per tutta la moltitudine. In questo mentre l’imperatore piangendo abbracciò il Meschino, e dissegli: «Figliuolo mio, questa vittoria ha messo Dio nelle tue mani». Baciollo poi nella fronte, e usciti di chiesa, e montati a cavallo, vennero al palazzo sulla piazza.

Allora venne un messo di Astiladoro, dicendo: «Il mio signore è in campo, e manda a vedere se venite a combattere o no»: a cui fu risposto che subito sarebbero in campo. Entrati in palazzo, dove era gran quantità di confezione e molto vino, ne mangiarono e bevettero ognuno molto bene. Dopo si allacciarono gli elmi in testa, e montarono a cavallo insieme coll’imperatore, il quale confortò molto il Meschino, e ricordogli del ben fare, pregando ancora gli altri tutti che fossero obbedienti a lui. A questo modo inebbriati di gloria e di entusiasmo patrio, allegramente colle lancie in mano e gli scudi al collo, coll’imperatore e molti compagni