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44 | guerino. |
uccise Ettore; e tutti gli antichi Greci, i quali già combatterono per voi, e per cui voi ora combattete. Ma perchè alcuno di voi non si perda d’animo in mezzo al pericolo, ognuno abbia licenza di pensare su questo fatto da qui a domani, e chi non vorrà deliberare ad essere in questa battaglia con meco, verrà licenziato». Dette queste parole, ogni uomo si partì dal tempio, rivolgendo ciascuno diversi pensieri nell’animo, chi ardente della guerra, e chi all’incontro dubbiando per timore di perdere i minori beni, quali essi stimano la patria e la libertà a confronto delle ricchezze e della vita.
L’altra mattina, poich’ebbero udito messa, si ridussero ancora in quel proprio luogo del dì avanti, dove il Meschino avendo fatto leggere la scritta, nella quale erano i nomi di coloro che erano presenti, non vi trovò più altro che cento. Gli altri cento avevano creduto meglio sacrificare qualunque altra cosa più sacra al proprio loro bene, e così se n’erano andati. Il Meschino replicò le medesime parole dell’altra mattina, e quindi partirono. Partiti, tornarono la terza mattina alla chiesa, e non vi si trovarono più di quaranta. Il Meschino ancora sopra questi, che erano soli quaranta, parlò le medesime parole. Tanto egli era desideroso di depurare il suo campo d’ogni gente vile e da poco, la quale coll’esempio e coi detti avesse potuto nuocere alla virtù degli altri! Allora Costantino dell’Arcipelago si levò e disse: «Nobilissimo capitano, io sono venuto per morire per la liberazione di tutta Grecia, perciò voglio esser il secondo appresso la vostra persona, e con Amazzone ed Archilao di Scio». Il Meschino allora ordinò ad Alessandro, che il duca dell’Arcipelago dovesse di quei quaranta cavarne dieci, e degli altri poi se ne facesse scrittura. Così ne furono cavati dieci, e degli altri ne fu fatta scrittura, i quali tra tutti furono cinquanta. Il primo fu il Meschino, Alessandro il secondo, con ventitrè tutti di Costantinopoli; sicchè la metà di quelli che dovevano andare alla battaglia, erano quei della città. Con il franco Costantino, il quale conduceva l’altra metà, furono otto ben armati, fra cui Archilao ed Amazzone fratelli, sei della città di Adrianopoli e due di Patrasso. Questi cinquanta unitisi insieme, baciaronsi la bocca, e promisero di morire l’uno appresso l’altro, e di mai non volgere le spalle ai nemici. Poscia