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capitolo v. | 41 |
cambio si faceva. A cui il Meschino, che presente era: «Siete voi che avete venduto un Cristiano per tre cani; chè più vale Alessandro che tutta insieme la Turchia, obbrobrio delle nazioni». Queste parole fecero tutto il campo mormorare.
Albajetro non aveva dette nel campo le parole, che il Meschino disse nel consiglio, per non ispaventar le genti; ma solo fe’ sapere a tutti, come egli aveva veduto il Meschino, e come questi era un bel cavaliere e pieno di molto ardire. Nel giorno stesso fermossi la tregua per un mese per essere in tempo di trovare ognuno cinquanta cavalieri, i quali, compiuta la tregua, dovessero combattere per la liberazione della sua parte. Nella tregua fu fatto, che niun Turco potesse entrar nella città con arme, e non più che cinquanta; all’incontro dei Greci, i quali potevano andare nello steccato del campo nemico con arme e senza.
L’imperatore mandò per tutta la Grecia per soccorso, e vennero molti cavalieri e baroni, fra’ quali venne Costantino duca dell’Arcipelago, Archilao di Scio ed Amazzone signor di Negroponte suo fratello. E vennero in tutto circa sei mila, onde fu dai Cristiani considerata la signoria che i Greci ancora tenevano. E qui si potè inoltre veder anticamente la poca potenza di Alessandro, ovvero la pratica de’ Lacedemoni, o la somma rabbia e virtù di Agamennone e suoi seguaci. Quella battaglia fu un sorprendente testimonio del molto eroismo e delle gran sagacità che i Greci potevano avere sul campo della guerra. Ma ora è in tanta necessità la Grecia, che ad una poca potenza di Turchi non poteva riparare. Voglia Iddio, che il simile non avvenga alla mia città la quale veggio per i suoi impedimenti della giustizia a prossima ed irreparabile rovina, se Dio non muta negli intrinseci corpi la ingiustizia e le rie ingiurie!1
- ↑ Quanto cose non ci si presentano ivi a considerare! La poca potenza di Alessandro il Grande, ma la gran virtù che i Greci dimostrarono in ogni difficile evento, per cui salirono a tanto incivilimento, e quindi il misero stato a cui la Grecia era ridotta per le continue invasioni dei Musulmani. Ma ciò soprattutto che dovrà fare sull’animo nostro più forte sensazione, è l’essere quivi ricordati i mali antichi dell’Italia, e che cominciarono allora appunto che il nostro autore si fe’ a scrivere quest’istoria. Mi pare che colle suddette parole sia sciolta bastantemente la questione, se questo romanzo sia o no d’italiana origine.
Chi non vede quivi l’Italiano che scrive e che piange i destini della sua patria,