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il Meschino anco più francamente, se tu prometti di aspettarmi qui finch’io vada nella città a farmi cavaliere, tornerò; se poi non sarò cavaliere non tornerò a combattere e manderottelo a dire». Torindo promise e giurò d’aspettarlo tanto che potesse esser fatto cavaliere.
Pertanto il Meschino tornò correndo nella città, e appena i cittadini lo videro tornare si facevano beffe di lui, dicendo che egli era fuggito per paura di combattere con quel Turco. Anche i cavalieri che erano fuori del campo ad aspettar il successo di quella animosa disfida, cominciarono a venirsene via, veggendo il Meschino ritornare, ed essi stessi arrossirono dalla vergogna, che un Cristiano avesse mostrata viltà contra un Turco.
Il Meschino venuto al palazzo raccontò all’imperatore la cagione perchè era tornato, e l’imperatore con una lunga cerimonia il fece in quel giorno stesso cavaliere. Giurò di difendere a prezzo del suo sangue l’onore della religione e della cavalleria, e portando al collo la spada benedetta dal sacerdote, s’inginocchiò umilmente a’ piedi dell’imperatore, il quale lo rivestì delle armi e dei diversi segni della cavalleria. Presentò al Meschino gli speroni, il giaco di maglia, la corazza, i bracciali e le manopole, e il cinse della spada. Anche la Regina gli donò una sopravveste lavorata di seta e d’oro, e molto preziosa. E l’imperatore alzatosi poi dalla sua seggiola che colà servivagli per trono, prese dalle mani dell’addobbato1 la spada, e diedegli con essa tre colpi sulla spalla, dicendo queste parole: Nel nome di Dio, di San Michele e di San Giorgio, io ti fo
- ↑ Nell’Islanda, Scandia e Sassonia il verbo at dubba, dubban' significa crear qualcheduno cavaliere. Così Giorgio Hickesio nella sua grammatica franco-tedesca. Presso noi Italiani questa parola è antichissima, e significa l’arredo, l’addobbamento, l’abbigliamento del cavaliere, lo stesso che corredo nella Toscana, onde anche cavalieri di corredo. — Molte erano le cerimonie che si usavano nel creare i cavalieri, ed un’idea se ne può avere in parte dalla suddetta descrizione; tuttavia di esse, come di tutte le superstizioni che portava seco quest’ordine, mi toccherà altre volte di parlare più a lungo. Giovi ora lo accennare solamente quanto il Sacchetti ne scrisse: «In quattro modi sono fatti cavalieri, cioè: cavalieri bagnati, cavalieri di corredo, cavalieri di scudo e cavalieri d’armi. I cavalieri Bagnati si fanno con grandissime cerimonie, e conviene che sieno lavati di ogni vizio. Cavalieri di Corredo sono quelli che con la veste verdebruna, o con la dorata, prendono la cavalleria. Cavalieri di Scudo son quelli che sono fatti cavalieri o da’ popoli o da’ signori, e vanno a pigliare la cavalleria armati e con la barbuta in testa. Cavalieri d’Arme sono quelli che nel principio delle battaglie si fanno cavalieri».