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capitolo iv. | 31 |
marsi infino che la città fosse in maggior bisogno. Ma soprattutto pensò a scacciare via l’amore che portava ad Elisena, il voltando in maggior odio.
Un dì Alessandro stava molto malinconico nella sala maggiore del palazzo, perchè non aveva speranza di soccorso. La città era in grande estremità, e non vedeva di potersi difendere, per non esservi stato il tempo necessario a far provvisione. Conciossiachè provasse quindi grandissimo affanno a veder il padre molto addolorato, domandogli licenza di assalire il campo. Il padre credendo che volesse assalire il campo, e fare una semplice scorreria nel terreno dei nemici, quindi tornarsene indietro, gli diede licenza, dicendogli ad una volta: «Ricordati di chi sei figlio, e guardati bene dal tralignare». Alessandro giurò in nome di Cristo, ed armatosi, e fatti anche armare tremila cavalieri, domandò poi al Meschino se voleva andarsene anch’egli; questi rispose che non sentivasi troppo bene. Non altro gli disse Alessandro, perchè l’animo suo era d’aver l’onore della battaglia, temendo, se il Meschino vi andasse, non gli togliesse l’onore. Il Meschino non si armò con intenzione di vedere la città in maggior bisogno, e rimeritare Alessandro di quel che avevagli fatto, acciocchè mai non gli potesse rimproverare che l’avesse francato.
Alessandro che volgeva nell’animo di salvare l’impero e la patria, andò fuori con tremila cavalieri, come di sopra si è detto; fermossi allato della città, e mandò successivamente un suo trombetta al padiglione del re Astiladoro domandando che mandassegli un campione con patto, che se questi vincesse, avrebbe avuta la terra, e se vincesse Alessandro, il re Astiladoro dovesse tornare nel suo paese. Andossi il messo, e giunto al padiglione, parlò ad Astiladoro esponendo la sua ambasciata, presenti i due primi figliuoli di lui. Subito Pinamonte s’inginocchiò dinanzi al padre suo, domandandogli di grazia questa battaglia. Gli altri fratelli altrettanto bramosi di gloria maggior, la volevano per loro, cosicchè nacque contesa fra essi per la preferenza. Il re ritiratosi a consiglio co’ suoi baroni, deliberò che Pinamonte fosse colui che dovesse avere quest’impresa, conciossiachè fosse egli di animo più forte, e avesse nei pericoli maggiore virtù che gli altri.