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non colui che non si rinveniva. «Non si può dar l’onore, seguitavano i giudici, a chi è stato abbattuto, e ad ogn’altro di questi baroni potremo sempre opporre qualche difetto, in vece che a quello sconosciuto cavaliere non si può opporre nulla, cosicchè se costui comparisse da qui a dieci anni, e vi addimandasse il prezzo della giostra, voi sareste tenuto a darglielo, perchè questo è appunto il tempo fisso entro cui si possa presentare liberamente colui che vince, come porta il vostro bando1».

Per questa cagione non fu dato onore a nessuno; e tutti que’

  1. Prima di dar fine a questo capitolo, mi pare cosa non inutile affatto il fare qualche osservazione precisa e facile intorno alle giostre, tornei, e simili spettacoli de’ secoli di mezzo. Il re Teodorico, quell’inclito re de’ Goti, che aveva cuore da Romano, istituì alcuni finti combattimenti, dove si avessero ad esercitare in tempo di pace gioventù e soldati, sicchè l’ozio non arrivasse a portare in essi la corruzione. I Longobardi, e dopo essi i Franchi, sembra che abbiano conservato un tale esercizio militare, che dicevasi torneamento, e non affatto ignoto a’ Greci e Romani. Egli era un ordinarsi in varie schiere di cavalieri armati, i quali formavano varii giri co’ loro cavalli, e si ferivano con lancie e spade ottuse od acute, onde il finto convertivasi spesse volte in vero combattimento, e molti restavano feriti e morti. Da ciò la proibizione de’ tornei fatta nel 1139 dal Concilio Ecumenico Lateranense secondo. Il Boiardo parla delle giostre e de’ tornei dati da Carlomagno in Parigi in siffatto modo:

         «Ed ogni giorno giostre e torniamenti
         In piazza far facea, giochi e bagordi
         Per compiacer a i suoi baron possenti,
         Ch’eran d’acquistar lode e fama ingordi,
         Acciò che delle sue fiorite genti
         Di l’arme oprar ciascuno non si scordi, ecc.».

    si vede che il loro fine particolare era un continuo esercizio all’arte della guerra.
    L’origine dei tornei viene comunemente stabilita nel secolo XI, ma essa può farsi ascendere alla più remota antichità, ai tempi cioè, in cui le nazioni cominciarono a far la guerra con qualche buono ordinamento. Fuvvi perfino chi li fa derivare dai giuochi troiani, istituiti da Ascanio, e che quindi fossero detti torneamenti quasi troiamenti. È certo però essere essi stati in uso dal principio del quinto secolo, come attesta Giovanni Cassiano negli Instituti dei SS. Padri. Egli scrisse al capo VII del libro V: «Chi vuole e desidera di pervenire alla gloriosa corona et onore della vittoria, et diventare valenti et coraggiosi: in prima se exercita et usa di ferire et percuotere ad certi segni et poste a ciò ordinati di giostrare e di correre, ecc.». Du Cange attribuisce i tornei ai Francesi, e particolarmente a Gioffredo II, signore di Prulì, il quale li inventò l’anno 1061. Foncemagne fa ascendere l’origine de’ tornei verso la metà del secolo IX, e attribuisce ai Francesi l’onore d’averli istituiti, prendendo argomento dalla stessa parola derivata dal verbo tourner; altri infine vollero darne la gloria ai Tedeschi. Non si sa il tempo in cui li abbia avuti l’Italia. Di essi si parla in Italia fin dall’anno 1115 da Lorenzo Vernense nel suo poema de Bello Ballearico. Nel 1158 i Cremonesi sfidarono i Piacentini al certame che ora volgarmente chiamano turneimento. Ma fu soprattutto nel seguente che furono essi in uso in Italia, quando cioè Carlo I, conte di Provenza, conquistò Napoli e Sicilia co’ loro dominii. Principi e baroni adottarono