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li». — Diaregina li menò sopra un balcone e mostrò loro i pastori che erano al campo al castello, e il franco e ferocissimo Artibano molto se ne rise e disse: «O donna, se la fame grandissima non avesse vinto il mio cavallo, tienti per certo che costoro non avrebbero ucciso Sinogrante; che l’avrei ben morto io». — Ella li menò dov’eran l’armi loro, e ambedue si armarono, e gli fece dare i loro cavalli, e armati con le lancie in mano uscirono dal castello ed assalirono il campo del franco Meschino. Artibano ed Alessandro assalirono i pastori, e nel giugnere il feroce Artibano uccise quel cavaliero di Media, e ancora sarebbe trascorso nei pastori, se il Meschino non fosse giunto a tempo; nondimeno ne furono morti quattro, ma quando il Meschino vide il feroce Artibano, gridò: — «O carissimi fratelli, per qual cagione mi siete fatti nemici, ch’avete preso l’arme contra di me?» Come Artibano lo conobbe si gettò a terra da cavallo, e disse: — «Signor mio, non piaccia a Dio ch’io contra a te pigli l’arme!» e gridando andò ad Alessandro. Ei venne dove erano, e fecero insieme grand’allegrezza, e l’un disse all’altro come il fatto era passato. Il forte Artibano disse l’onore che Diaregina gli aveva fatto, e come ella se gli era raccomandata, chi ella era e quello che le aveva promesso, e d’accordo menarono dentro il Meschino e la bella Antinisca e il valente Trifalo, che giurarono di renderla a suo padre e metterla in Armenia. Presero il castello dove stettero il dì e la notte vegnente, poi la mattina lo diedero a’ pastori. Vestita Diaregina come uno scudiero, partirono con due guide, e vennero in Assiria, e passarono molti paesi, e giunsero nel reame di Saragona ad una città detta Artacan nella quale città d’Artacan fu riconosciuta Diaregina, e fu fatto onore a lei, al Meschino ed a’ suoi compagni.
Giunti nella città d’Artacan, la vezzosa Diaregina disse guardando verso il Meschino: «O nobilissimi cavalieri, noi siamo nella città del padre mio, e però a voi sia di piacere, che noi andiamo a smontare alla corte dove sta il luogotenente per mio padre». — E così furono giunti alla corte. Essa dimandò chi era il luogotenente, e trovò che era un suo bailo chiamato Arparo, il quale, quando la vide corse ad abbracciarla e tolsela con gran pianto da cavallo, ed ella gli disse: «Padre mio Arparo, non fate onore