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capitolo xl. 309

campo a Lionetto il quale furioso rispose: — «Macometto, io non metterei la mia persona contro uno schiavo, e mi sarebbe grande vergogna imbrattare la spada nel suo sangue». — Poscia comandò che il buffone fosse raso dalle spalle in su, chè era il maggior dispregio che si potesse fare ad un Signore di radere un messo. Molto pregò il buffone per non esser raso, ma niente gli valse il suo pregare, che tutto lo rasero, e così raso lo rimandò nella città al Meschino.

Quando quelli della città videro la grandissima ingiuria fatta al messo del franco Guerino, ebbero il maggior dolore che avessero in tutta la guerra. Il franco Meschino si accese di grandissimo odio contro Lionetto, e giurò che quanto prima si abboccherebbe con lui e che uno di loro converrebbe che morisse. Il giorno dopo Lionetto entrò nel campo. Il Guerino non fece come prima, ma come uomo acceso di grandissima ira pel grande dispiacere ricevuto, incontrò un cugino di Lionetto, ch’aveva nome Galafar di Arcuoro, e passollo con la lancia, e poi trasse la spada, ed entrò nella battaglia, e faceva tanto in arme, che era quasi impossibile che un corpo umano potesse tanta franchezza dimostrare, e giunto dove combatteva il ferocissimo Artibano, vide Fauridon che molto si affaticava per farlo morire. Allora il franco Guerino diede un grandissimo grido, e prese a due mani la spada e mirò a Fauridon un grandissimo colpo, sicchè gli ruppe l’elmo, ed aspramente lo ferì sul capo. Egli cadde in terra da cavallo, in modo che ognuno credette ch’ei fosse morto; allora fu grandissmo rumore, e per questo molti fecero largo al feroce Artibano ed egli riprese grand’ardire. Sentendosi il franco Guerino al largo della battaglia, tutta la gente Persiana fuggiva dinanzi a lui, come le pernici dinanzi al falcone; tanti di loro uccideva ed abbatteva. Il giorno dopo Lionetto mandò un suo messo nella città di Persepoli a dire al Meschino che si rendesse a lui, chè lo farebbe in Persia gran signore, e che gli concedesse la città di Persepoli, dandogli nelle mani la meretrice Antinisca. Disse il Meschino: — «Tu non avrai vantaggio del mio messo, il quale mi fu mandato tutto raso, ma qui non si guasterà rasojo! — E subito prese il messo e lo fece legare nudo ad una colonna, e fece torre delle fiaccole accese, e gli fece abbruciare tutti i capelli, la barba