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18 | guerino. |
la porta di dietro del giardino del palazzo, chè niuna persona non se ne avvedesse, avvisatolo prima che per quella porta ritornasse per lo stesso motivo di non essere conosciuto.
Il Meschino tolta una grossa lancia in mano andò in piazza, ed Alessandro serrata la porta, andò su in palazzo per vedere come il Meschino faceva, avendo gran paura che egli non fosse conosciuto. Giunto il Meschino in piazza e fattosi largo con molta prescia in mezzo alla folla, si levò gran romore tra la moltitudine, gridando ciascuno: Ecco il villano!1 Elisena non sapendo chi fosse cominciò a ridere, Alessandro all’incontro era tutto intento a guardare. Come il Meschino giunse dentro del palancato, un Turco gli venne incontro, cui il Meschino abbattè d’un colpo sì forte, che quel Turco morì; e presso tutti gli spettatori fu gran segno, che egli si fosse dimostrato tanto nemico del Turco. «Fu spinto certamente, essi dicevano, da qualche odio ereditario». Abbattè Anfirione di Siria, il quale era uno dei dieci più franchi della giostra, e per questo si levò un gran rumore, dicendo ognuno per maraviglia: «Chi può essere questo villano?» Alessandro molto se ne rallegrò, quando lo vide sì potente nell’armi, che non avrebbe prima creduto. Ed ecco il Meschino abbattere i fratelli Torindo e Pinamonte di Turchia, Brunas di Liconia, e molti altri cavalieri. Fra la moltitudine non fu più che un grido: «Viva il villano!» E come più volte fra la moltitudine si brama, ognuno desiderava che egli vincesse, e gridavano: Vittoria al villano! onore al figlio dei prodi! E non ebbe onore altri che lui, perchè voce di popolo voce di Dio. Al contrario i giostratori erano adirati contra lui, ed appena ebbe trionfato sopra Costantino ed il fratello, Anfilio di Persia con molti altri in flotta gli andarono addosso. Abbattè Anfilio e più
- ↑ Così detto perchè non aveva in sè niun segno nè divisa d’arme. Onore al figlio de’ prodi era l’acclamazione con cui venivano comunemente salutali dagli araldi que’ cavalieri che facevano qualche valentigia in simili combattimenti.
tare a capriccio sulle proprie armi qualunque distintivo; poichè è provato abbastanza che non dai pubblici duelli e dai tornei prese origine l’uso degli stemmi e scudi gentilizii, ma bensì dalle Crociate, sapendosi che tali segni non divennero ereditari che verso l’anno 1230, cioè sotto Luigi XI. Lo stesso Malliot è d’opinione che i Crociati inventassero le arme per le quali potessero distinguersi l’un l’altro framezzo la confusione delle mischie.