Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
290 | guerino. |
mi promisi, non tanto di soccorrermi, ma anco la testa del mio nemico mi hai data. Non sarà mai possibile, ch’io possa rimeritarti di un beneficio, che tutto il mio reame ed imperio di Costantinopoli non sarebbe abbastanza.» Gli rispose il Meschino: — Solamente l’onore e la ragione che per questa ritornata mi hai fatto, sarà a sufficenza, ma acciocchè i nostri nemici non rinfaccino, rimontiamo a cavallo, e seguitiamo la vittoria,» e così fecero. Or chi potrebbe dire quanto fu grande la rotta de’ Turchi! In questo tempo ne furono morti circa settanta mila. Alessandro, il Meschino e Girardo ritornarono con la vittoria alla città d’Antinopoli, dove si fecero molte feste per l’antica fratellanza, come per la vittoria ed anco per il ritrovato parentado del Meschino, e dopo che la preda fu giustamente divisa tra la gente d’arme, così carichi di ricchezze se n’andarono a Costantinopoli, avendo rimandati i baroni morti nel loro paese, cioè Costantino d’Acipalago ed Archilao, che erano venuti a combattere pel Meschino, de’ quali si fece gran pianto, e della vittoria allegrezza. Camparono dalla gente de’ Turchi questi re, cioè il re Sardanapo di Dacia e il re Alfeo di Rossia.