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capitolo xxxvii. 289

due schiere, e fecero una gran battaglia; giunse pure Guerino, e la sua schiera fu in pericolo d’esser rotta per la gran moltitudine di Turchi spinta verso Antinopoli; ma Girardo giunse nella battaglia, e per questo i Turchi non poterono dare alle spalle della gente del Meschino, ma inanimati per la venuta di Girardo, videro poi le bandiere d’Alessandro, ed allora si levò un grandissimo grido tra i cristiani, e confortati per Alessandro, con grand’animo con i Turchi si misero. Il Meschino vide Girardo per il campo, e prese conforto per modo che i Turchi si cominciarono a rompere e fuggire dinanzi. Il re Astiladoro vedendo il Meschino, conobbe questo esser quello che lo metteva in rotta; e ancora gli fu detto, ch’era il Meschino, e prese una grossa lancia e andò come disperato contro il Meschino, e gli ruppe la lancia addosso, e altro male non gli fece, nè il Meschino a lui, e niente lo potè danneggiare, ma rivolse il suo cavallo dietro di lui. Il re Astiladoro credette fuggire dalla battaglia, e pigliava la volta a traverso la campagna, ma il Meschino gli fu addosso chiamandolo miscredente, e dicendogli: — Non fuggire; ma volgiti alla battaglia d’un solo cavaliero,» e il re Astiladoro si rivolse, e dimandogli chi era; quando intese essere il Meschino disse: — Tu dunque sei il Meschino che nella battaglia di Costantinopoli uccidesti tanti de’ miei figliuoli?» e allora prese la spada e corsegli addosso, e una feroce battaglia cominciossi; alla fine si abbracciarono, il Meschino gli trasse l’elmo, e levogli la testa dalle spalle, portandola in mano pel campo. In questo mezzo Alessandro e Girardo misero i Turchi in rotta, e le bandiere del re Astiladoro gittate furono a terra, e scontrati Girardo ed Alessandro, l’uno dimandò all’altro chi era, e quando si conobbero, con gran festa si abbracciarono. Dopo Alessandro e Girardo uccisero il re di Polismagna di Polonia. E fatto questo, Alessandro dimandò dov’era il suo fratello Meschino. E videro venire il franco Meschino a cui andarono incontro, e come gli fu appresso, Alessandro smontò da cavallo, e il Meschino fece il simile, e l’uno e l’altro si alzò la visiera dell’elmo, e il Meschino disse ad alta voce: — O Alessandro, questa è la testa del re Astiladoro ch’io ti porto,» ed egli abbracciandolo disse: — O carissimo mio fratello, ben mi hai atteso quanto