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capitolo iii. 17

allegro, che sarà innamorato di qualche dama»; alcun’altra all’incontro diceva: — Egli è allegro per troppo bere». A lui invece pareva mill’anni d’essere armato, e quella mattina poco si curò del mangiare.

Quando Elisena ebbe mangiato, andò colla madre ed altre dame sopra un luogo eminente alla piazza, dove tutta la giostra si vedeva. Il Meschino andò da Alessandro, dicendogli che l’armasse; ed Alessandro gli rispose non essere ancora ora. Andarono entrambi ad un balcone per veder cominciar la giostra da quelli di alta condizione. In questo giunse Madar di Durazzo, ed abbattè molti cavalieri. Venne poi in campo Costantino dell’Arcipelago, abbattendo ancora molti cavalieri, il quale poi giostrando con Madar tutti e due cascarono da cavallo. Il Meschino seguitò a pregare Alessandro che lo armasse; a cui egli rispose: — Io non voglio che tu stenti tutt’oggi coll’armi indosso; quando sarà tempo ti armerò. Stando ancora a vedere, videro arrivare in piazza Anfirione di Siria, il quale abbattè Napar di Durazzo e Madar suo fratello, ch’era rimontato a cavallo, e rimaneva vincitore del campo. Nel mentre giungevano in piazza molti giostratori, qua e là s’innalzavano i gridi degli araldi e de’ menestrelli, e della moltitudine; il Meschino all’incontro fremeva di non essere già armato.

Alessandro allora lo chiamò, e andato con lui nella camera dissegli: — Guarda come tu fai, imperocchè tu ti metti a gran pericolo per il bando dell’imperatore:» e soggiunse che sarebbe meglio non giostrare. Il Meschino se gl’inginocchiò a’ piedi, pregandolo a volerlo armare, e tanto fece che ottenne l’intento. Alessandro l’armò d’armi fortissime, e fece occultamente venire un grossissimo cavallo1. Pose al Meschino una sopravvesta di panno bisello, coprendone ancor lo scudo e parte del cavallo, senza niun segno2 nè divisa d’arme, e miselo fuori per

  1. Dice il Muratori, che i cavalieri usavano cavalli grossi e gagliardi. Il cavallo per giostre e torneamenti doveva essere magnificamente coperto d’una stoffa di seta coll’arma propria del cavaliere. Lo scudo poi, era talvolta coperto di lamine di ferro o di scaglie d’avorio, il quale pendeva dal collo per mezzo di una coreggia.
  2. Quantunque fin dai primi tempi del medio evo i cavalieri usassero qualche arma od insegna, onde fosse conosciuta la nobiltà della loro persona, pare tuttavia che un tal segno non fosse ereditario di padre in figlio, e che ognuno potesse por-