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capitolo xxxiv. 271

sino al fosso della terra intorno alle mura. Tornato al padiglione fece armare tutta la gente da cavallo, e pedoni, e fece portar tutti quei barilotti così confitti al fosso. E sempre andavano quietamente con poco strepito, ed, essendo la mezza notte, mandò a dire a Manfredo che si movesse, ed egli fece così; ma non potè andar così quieto, che le navi non fossero sentite, e perciò levatosi il rumore nella città corsero francamente dalla parte del mare e gran battaglia cominciarono, ed in questo mezzo si fece l’oste dalla parte verso Durazzo colle scale. Mentre le due parti combattevano, il capitano fece metter i barilotti nel fosso, e furono prestamente legati e fatti tre ponti da passare. La notte era oscura, e quelli della terra da quella parte non avevano temenza nessuna per amore del fosso. Fatti i ponti, il primo che passò fu il Meschino pianamente con una scala al braccio, ed appoggiolla al muro e vi salì sopra. E giunto fra due merli mise la punta della spada dentro; e non vi sentendo persona salì sopra il muro. Or chi saria colui che sentendo di mano in mano come il capitano era sopra le mura, che non si sforzasse di seguitarlo? Onde montarono sopra le mura più di mille avanti che quelli della terra se ne avvedessero. E, levato il rumore, il Meschino mandò a dire a quelli del campo, che assalissero la terra, chè egli era dentro. Eglino subito si mossero, e ognuno con la sua gente vi salì. Tutti quelli della terra per le loro case piangevano della loro fortuna. Il Meschino prese una porta della terra per dove entrò la gente d’arme, e scorse tutta la terra gridando: — Viva Manzoia e il re Guiscardo!» Prese in tal modo la città di Dulcigno, e furono uccisi quelli che furono trovati per le strade con arme, e fu messa a sacco, e fece battezzare tutti quelli che trovarono per le case, piccoli, grandi, femmine e maschi, e presa questa terra, entrò tutto l’oste dentro facendo grande allegrezza della vittoria e del guadagno.

Que’ del paese di Dulcigno appena intesero che la terra era perduta, andarono a Durazzo facendo sapere a Madar che i cristiani avevano preso Dulcigno. Della qual novella ebbero gran tristezza, dicendo: Converrà che noi li cacciamo, ma prima bisognerà difendersi. E per questo i due turchi fratelli mandarono