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capitolo xxxi. 261

essi per la selva, gli corse dietro con gran rumore tanto che capitò ad un castello verso il mare detto Monfer, appresso alla città detta Egistrato, a sette leghe. Quando quelli del castello udirono il rumore, corsero in suo aiuto con i giustizieri, cioè il rettore del castello, e molte persone con molti cani. Con lui insieme per terra attorno alla selva andarono cercando, e ne furono presi ed impiccati settantacinque, avanzatine tre soli, che erano in tutti cento. Quelli del paese gli fecero grande onore, chiamandolo il santo pellegrino, e così liberò quella strada da’ ladroni.

Partito da loro cavalcò tanto che giunse in Galizia a Compostella, e stette cinque giorni in Galizia a San Giacomo; poi udendo dire come molti ladroni e corsari da mare venivano a rubare di là da San Giacomo intorno a Santa Maria de finibus terræ, montò a cavallo, menando alcuni del paese seco. Giunse due galere di corsari, e fece abbruciare ed impiccare centoventidue ladroni, e furono morti alla zuffa trenta, e uccisi cinque soli del paese. Il Meschino andò fin sopra il mare, dove finisce la terra, e smontato da cavallo inginocchiossi a rendere grazie a Dio di tanto dono, che l’aveva condotto al fine della terra abitata di ponente, e disse a coloro ch’erano con lui, la cagione perchè s’inginocchiò. L’ultima terra di levante è chiamata Tamista, e l’ultima terra di ponente Santa Maria de finibus terræ; dove è Tamista sono le grandi montagne detto monte Noci, dove esce il Nilo e viene per mezzo la provincia del prete Janni. Poi si partì da Santa Maria, e tornò fino a Lordus, dove entrò in una nave, e verso Inghilterra andò per mare, poi prese il suo cammino per andar in Irlanda, e passò Londra, ed andò verso Norgales ch’è il più vicino porto per andare in Irlanda. Giunto a Norgales, dimandò se vi era nave per andare in Irlanda, e gli fu detto di no, ma che se ne stava apparecchiando una per partire. Pensando il Meschino come questa città si chiama Norgales; dimandò a certi cittadini e marinari se conoscevano un gentiluomo in quella terra, che aveva nome messer Dionino che era appresso il re d’Inghilterra, ed essi risposero: — Egli è nostro signore». Dimandò ad essi se egli era allora in quella terra, risposero