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capitolo xxix. 255

cantando: Deus exaudi oratinem meum etc. Deus in nomine tuo salvum me fac etc. Miserere mei Deus. Dicendo quest’orazione trovò l’uscita e la bocca dov’era entrato, e allora venne meno l’altra candela, e rimase, all’oscuro, sicchè non poteva conoscere il luogo, ma si confortava perch’ei vedeva il cielo stellato, e vedeva per l’ombra delle montagne le due ale del dragone dove ei passò entrando. Così egli stette sino al giorno chiaro, e dormì un poco, e stimò essere uscito dalla caverna nella mezzanotte, avendo penato, dall’ora ch’egli uscì dalla porta della Fata insino all’ora che uscì dalla caverna, dodici ore. Quando venne il dì chiaro provava da sè medesimo quanto era andato volgendo per quell’oscuro laberinto fatto d’essa montagna. Riconosciuta alla luce del dì la caverna donde uscì e dov’era, rendè grazie a Dio, disse i sette Salmi Penitenziali, raccomandossi a Dio, e prese il suo cammino fra le due ale del dragone, e andando tra molte gran pietre rovinate in quell’antro, cominciò a ritrovare la via. E quando giunse alla coda del dragone, cominciò a vedere il romitorio nel quale aveva lasciato Anuello ed i tre romiti, e cominciò a venire in giù, e fugli maggiore fatica il discendere che non fu il salire, e però tanto stette a discendere quella coda del dragone, che, il sole passato le parti australi, già declinava a Garbino. Quando giunse appresso al romitorio circa cento braccia vide venire verso lui sei persone, cioè i tre romiti, Anuello e due suoi servi. E giunto Guerino a loro, i romiti molto laudavano Dio che lo aveva fatto ritornare, tutti l’abbracciarono, e così Anuello, e andarono nel romitorio a riposarsi perchè egli era stanco.