Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
254 | guerino. |
vita, ma non possiamo perchè il Divino Giudice vuole che noi siamo così sino che verrà a giudicare il mondo, e che le trombe suoneranno e grideranno: Venite al giudizio. Allora ne sarà tolta la vita naturale, e risuscitati andremo al giudizio». Allora dimandò Guerino: — Avete voi niun amor di Dio, o di voi o di qualche altra cosa creata?» Rispose Macco: — Niun amore regnerà in noi, anzi porteremo odio e invidia sino ai brutti vermi, e non è niuna cosa al mondo così brutta, la quale noi non vorremmo più presto essere, che qui in questo luogo; or pensa se noi portiamo invidia ad altre cose più belle, e quanta invidia porto a te, pensando che tu hai cercato il mondo, e ti sei con tanta virtù affaticato, e quanta allegrezza io proverei se tu fossi rimaso qui dentro con la Fata, e dopo fatte tante battaglie che una vil femmina piena d’iniquità ti avesse vinto! Sappi che per la tornata che tu fai indietro, mi dai tanto dolore e accrescimento d’ira, che mi raddoppia il pianto». Allora il Meschino si cominciò a far beffe di lui, e molti altri cominciarono a dire: — Il giudice che ne ha giudicati in questo luogo è così grande, che della sentenza non si può appellare, e noi non curiamo di essere abbandonati, perchè non possiamo aver peggio di quello che abbiamo». Il Meschino rispose: — E così maledetti rimanete!» e prese il suo cammino, e quando passò il fiumicello tutti gridavano: — Va, che tu non possa mai ritrovare il padre e la madre tua, nè la tua generazione». Ei se ne rise perchè tanto gli potevano nuocer le loro bestemmie, quanto potevano giovar loro le sue orazioni, se il divino Giudice già li aveva giudicati. Montò sopra della caverna per le tenebre, ed in capo di quella salita gli mancò la prima candela, per la qual cosa egli subito accese l’altra.
Veramente non si potrebbe dire quant’era l’oscurità e le tenebre di quell’oscura caverna fatta per la rottura dei sassi, e per certi rovinamenti. Dov’era largo, dov’era stretto, ed era forata tutta questa montagna, ed andava or in qua or in là, e molte volte conobbe il Meschino ch’era tornato indietro dov’era passato, e la sua maggior paura era che la candela si consumasse, stimando che se il lume gli mancava, ei fosse per certo perduto. Nè gli valeva forza d’amore nè d’ingegno; ma solo la speranza di Dio e l’orazione, cioè il chiamare Gesù Cristo Nazareno, era la sua difesa,