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more per non vedere se non due cavalieri. Giunti all’entrata d’un prato, più di duecento persone a cavallo con lancie in mano, vennero contra ad essi; allora disse Guerino a Dionino: — Che faremo?» Ei gridò: — Diamo dentro al nome di Dio»; come misero le lancie in resta, il rumore si levò, e cominciarono ad uccidersi. Quelli del castello ruppero la prima guardia del campo, e venivano uccidendo per la strada e per i campi: le grida erano grandi, ed il suono di certi strumenti, come sono il bufone e tamburini, e il suono di tavolazzi, cioè targoni, pavesi e scudi.
Or chi potrebbe dire i gran fatti d’armi che faceva Guerino trascorrendo per il campo, andando per sino a piedi dei padiglioni? E rivolto indietro, le genti a cavallo volevano serrargli la via; egli abbattè i cavalieri, e facevasi aprir strada per forza della spada, e molti ne faceva morire, intanto che Artilafo giunse con la sua compagnia, cui per forza liberò dalle mani de’ nemici, e fece montare a cavallo del capitano, che Guerino aveva ucciso, e come fu montato, cominciò maggiore battaglia. I Saraceni tolsero il passo ad Artilafo nel tornare al castello, mentre giunse alla battaglia Almonido, e furono sul mezzo di quel piano atterrati. Guerino giunto alla battaglia, mise un grido dicendo: — O franchi cavalieri, le spade e i cavalli ne facciano la via». A questa voce uscirono quei del castello, cioè, i trecento pedoni. Guerino, Artilafo e Dionino fecero tanto, che per forza salvarono tutti gli altri. Erano appena radunati questi trecento, che quelli altri duecento la battaglia rinforzarono, e ritornarono in quel medesimo prato. Allora giunse Almonido con molti armati all’usanza del paese, che furono costretti tornare al castello sempre combattendo, ed al passare d’un piccolo fosso, con poco di piano, qui credettero i nemici scenderlo, e levarono un grido; ma messer Dionino che era meglio a cavallo, entrò innanzi ad Almonido il quale percosse con la lancia e abbattè in terra da cavallo, e Guerino scontrò un grande almirante che aveva intorno da trecento braccia di tela, gli partì quell’involamento in fino a mezzo il collo, e quando cadde morto si levò un gran rumore, e questo si avvide che doveva essere qualche grande fatto