questa canaglia, che in più parti cominciarono a fuggire, e lasciarono il Guerino ed il compagno. Il Meschino di questo si maravigliò, e levò alta la visiera, e pose mente a quelli che discendevano da questa montagna, i quali assaltavano questa canaglia, uccidevano e ferivano con gran furore. Eglino di questo si maravigliarono, e disse il Meschino: — Andiamo per i fatti nostri, questo è miracolo di Dio», e Dionino come gentil cavaliero disse: — La nostra sarebbe ingratitudine a non sapere chi sono costoro che in nostro aiuto sono venuti». Per queste parole conobbe il Meschino che era nobile cavaliero, e voltossi verso quella gente, i quali quando videro il Meschino andare verso loro si ritirarono all’alto dubitando di qualche inganno. Pur uno di loro molto adirato e ben armato se gli fece incontro, dimandogli fidanza, e il Meschino a lui, e fidati, s’approssimarono, e quello gli disse: — O gentil cavaliero, non vi maravigliate della mia domanda, perchè questi nostri amici sono più miei nemici che vostri; non so io che questione con voi avessero, ma il veder tanti villani addosso due cavalieri ci fece ridere. E il Meschino rispose, e disse, come la sua questione cominciasse; e come veniva d’Egitto, ed era stato capitano del Soldano contro gli Arabi. Il cavaliero disse a sua volta: — Nobili signori, la cagione della nostra questione è che in sul lago, che è al lato di questa montagna, sono due città molto belle e bene popolate. Mille anni è che i miei antecessori le hanno signoreggiate, e sempre siamo stati gentiluomini. Ora sono di due fratelli signori della Morea, l’uno ha nome Artilaro, e l’altro Almonido, che senz’alcuna ragione, già dieci anni mi uccisero mio padre in casa loro, in una città detta Parlofida. Il minore, cioè Almonido, con quanta gente poteva fare, venne a mettere campo addosso a quelle due città con le bandiere di mio padre, e ambedue le prese, ed io che era di età di dodici anni, fui campato in questi due castelli, e mi è fatica il vivere, nè mai potei aver accordo con lui; ma perchè le castella sono forti, mi ha lasciato stare, ed egli si tiene queste due città, la prima detta Tarasos, l’altra Amasia, e più di venticinque altri castelli, sicchè se noi abbiamo fatto questo, non vi maravigliate, e pregovi per il danno che avete