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quando vide questo, ebbe gran temenza di morte. Si raccomandò a Dio con paura, nondimeno si ridusse a buona guardia. Il lume della luna non gli pareva freddo, anzi pareva che avesse la forza del sole, quando è nella sommità tra Cancer, e Leo. Tal botta diede in terra, che cento braccia fece intorno a loro tremare, e fece gran polverio. Il Meschino si gittò innanzi, e credette di dargli sul collo: ei si tirò indietro, e la punta della spada giunse al petto. Allora Galafar prese la mazza, e con furia corse addosso al Meschino, ed ei con la punta lo ritenne, e gli menò un altro colpo, ma non potè sì tosto fuggire, che una delle pallotte lo colpì sulla schiena, sicchè cadde disteso in terra e gridò: ajutami Dio, e drizzossi su, ed ei gli corse addosso per pigliarlo, e se l’avesse preso per la sua fortezza, non era riparo: ma il Meschino gli porse la punta della spada al corpo, per modo, che quando ei si sentì punger non venne più avanti, e lo ferì alquanto. Poi menogli un colpo della spada basso con tutta la forza, e bella grazia gli fece Dio, che un poco di sotto dai ginocchi dove non aveva arme, gli diede, e togliolli tutte due le gambe, ed ei cadè, come un arbore tagliato dal boschiero. Il Meschino disse: «O maledetto cane, la morte che tu meriti Dio te l’ha mandata, ora rimani, poich’io ho la vittoria non ti voglio dare allegrezza di morte». E lasciollo stare in così fatto modo. Ritornò a piedi verso la sua gente, e a una picciola acqua si pose a rinfrescarsi. Le sue genti gli andarono incontra, e credevano che fosse molto ferito, e abbracciavanlo molto piangendo, dimandandogli come stava, ed ei disse tutto il fatto, del che furono molto allegri. Allora molti corsero verso il campo gridando vittoria, dov’era Galafar, e compirono d’ucciderlo, e tagliatagli la testa, portaronla nel campo sopra un tronco. Il Meschino andò al suo padiglione, e gli fu fatto trionfale onore, tutti lodando Dio che gli avesse dato vittoria. La testa di Galafar fu mandata al prete Janni, e per questa vittoria fu fatto per tutti i suoi regni grande allegrezza.

Nel giorno seguente, come fu dì, mise il campo alla città, più strettamente serrandola con forza, e quelli di dentro bestemmiavano i cieli, e la fortuna, non conoscendo che tanto tempo ave-