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capitolo xvii. 165

terra con molte guardie, perchè intese essere dentro Galafar capitano de’ Cinamoni.

Stato il Meschino cinque giorni a campo alla città di Gaconia, Galafar mandò un suo famiglio al Meschino dicendo, che voleva combattere con lui corpo a corpo, e mandò a dirgli che se il Meschino era franco cavaliere come aveva nominanza, non dovesse rifiutare la battaglia. Ciò non faceva per volontà, che egli avesse di combattere, tanto quanto lo faceva che vincendo il Meschino egli metterebbe paura nel campo, e qualche accordo avrebbe avuto dal prete Janni. Ma a lui intervenne come al re Pirro d’India ed al re Alessandro di Macedonia, il qual re Pirro si vergognò che un uomo sì piccolo come Alessandro l’avesse vinto, e per mostra di non esser vinto dalla gente d’Alessandro, combattè corpo a corpo con lui. Alessandro l’uccise, che l’avrebbe lasciato in gran signoria. E così intervenne a costui, come al re Priamo che per vendicar la sua onta, pericolò egli e il reame di Troja. Compiuto il famiglio l’ambasciata di Galafar, tutti i circostanti si levarono dicendo che il Meschino non combattesse, imperocchè Galafar combatteva per disperazione, e che tosto sarebbe vinto per assedio. Ma il Meschino considerava, che la battaglia era cagione di più presta vittoria: perciò rispose al messo, che egli era di somma grazia a combatter con lui, però che l’onor saria tutto suo della vittoria, e aggiunse: «Questa sera, quando la luna si dimostrerà, saremo armati alla battaglia;» e fece far salvo condotto a Galafar, che venisse a combattere sicuramente che altra persona non l’offenderebbe che egli. La cagione del combatter la notte, era per il gran caldo, che faceva di giorno, che non si avrebbe potuto durar la fatica. Mandato via il messo radunò tutti i capitani del campo, e in questa forma li confortò.

«O nobilissimi signori principi cristiani, disse il Meschino, io conosco per due cose la paura di questa battaglia essere in voi, l’una il grand’amore che avete verso di me, l’altra, che l’inimico non vinca, perchè vincendo egli, fate conto d’esser perduti tutti. Ma ditemi, signori, se non fossi io arrivato nei vostri regni, come avreste voi fatto? Credete voi che la possanza di Dio vi manchi? Certo no. Imperocchè Iddio ama sem-