Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
capitolo xvi. | 163 |
di quelli che contra la fede di Cristo facessero. Nè si trovano in questo paese eretici come sono in Grecia, e in Italia». Partiti da Aurona andarono costeggiando le montagne di Garbesten e in molte giornate arrivarono al fiume detto Stapar, il quale esce nel collo di Gaconia, e qui ebbe per ispie come i Cinamoni venivano verso loro. Ebbe notizia che i Cinamoni avevano poche arme, e manco n’avrebbono se non fossero quelle che avevano acquistate. Per questo volle vedere il Meschino quant’arcieri erano nel campo, e si trovò averne quattordicimila. Allora molto si confortò in quel giorno, ordinò spie le quali dissero come avevano dette le prime: ma dissero come per le ricchezze acquistate avevano più niuna ragione in loro, e non curavansi più di Dio, nè de’ Santi, ch’ogni legge contaminavano per la gola, per la lussuria, in modo che il padre stava con la figliuola, i figli con la madre, e il fratello con la sorella, e peggio ch’erano entrati in peccati contra natura, senza freno, e facevano molti peccati scellerati. Per questo lor timor di Dio, disse il Meschino; «a me pare aver vinta questa battaglia», e congregò il suo consiglio. E sparse in pubblico questa infamia per il campo, confortando i suoi, che Dio s’era adirato contro i Cinamoni, come al tempo del diluvio si corrucciò per simili peccati contro l’umana natura. E comandò che il campo s’inviasse contra i Cinamoni, e andò appresso a loro una giornata, e sempre dietro il fiume.