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138 | guerino. |
nistauro gli disse: «O franco cavaliere, pregoti a venire dal re Galismarte mio padre, che pel tuo gran valore ti farà gran signore». Rispose Guerino: «Tu mi domandi cosa che non può essere. Io son quello che uccise in battaglia i figliuoli del re Astiladoro, tuoi cugini, in Costantinopoli, dove era chiamato il Meschino per nome. Pertanto se vuoi salvar l’anima tua, piglia il santo battesimo, poichè ti convien morire;» e detto questo, lo colpì sì fieramente, che Finistauro disperato gridò: «O Maometto, ricevi l’anima mia prima ch’io mi renda per morto a uno schiavo che non so chi sia, e ch’io pigli battesimo:» e con grand’ira riprese il combattimento, ed essendo tanto appresso l’un l’altro, che con le spade non potevano ferirsi, si abbracciarono, e come si furono abbracciati, Guerino trasse l’elmo di testa a Finistauro, e per forza il prese per i capelli e tirollo indietro per modo, che Finistauro cadde ginocchioni, e Guerino gli dette un colpo sul collo, e tagliogli la testa, molto lodando Dio che gli aveva dato vittoria. Poi si pose in cuore di andare così solo e sconosciuto sino a Persepoli per ispiare la verità dei Turchi, dicendo: «Non posso io andare come andò Alessandro a veder la corte di Dario; e come Giulio Cesare andò a vedere gli avversarii suoi; e come Spontorio andò a pigliare gli ordini degli Ambrosi?» Tolse secretamente due gioielli che erano sulla testa di Finistauro, i quali valevano un gran tesoro, poi prese un pezzo della lancia rotta, trassegli l’elmo di testa, e poselo sopra quella lancia, che si mise in ispalla, gettò via lo scudo, e prese il suo cammino verso la città di Persepoli che era appresso quattro leghe. Era circa un’ora di notte.
Camminò Guerino con gran fatica, e passata mezzanotte, arrivò a Persepoli a suo piacere. Trovò gente ch’era campata dalla battaglia, dispersa per la via, chi bestemmiando Maometto, e chi Apollo; chi Trivigante, e chi il re Galismarte, chi piangendo il figliuolo, chi il padre, chi il fratello, ed alcuni dicendo: «Gran pazzia fu quella del re a mandar così poca gente contro il figliuolo del dio Marte: chi saran quelli che potranno durar fatica contro gli dèi?» Alcuno diceva che il re combatteva a torto, ch’egli non aveva alcun diritto in Persia; alcuni dice-