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capitolo xiv. | 137 |
a cavallo che un di noi conviene che qui rimanga morto». Finistauro postosi l’elmo in testa montò a cavallo, tolse la lancia che seco portava quando fuggì dal campo, poi dimandò a Guerino chi egli era, e perchè aveva dato aiuto a così vile gente come i Persiani. — Se ho vinto i forti in battaglia, rispose Guerino, quello che tu hai detto raddoppia la tua vergogna, avendo perduta la battaglia». Disse Finistauro che appunto il non far conto dei nemici lo aveva fatto perdere, e lo richiese perchè egli non serviva il re Galismarte, cosa che farebbe lui onorato e gran signore. Guerino lo confuse con queste parole: «Non venire tu qui per predicare; sappi che io sono tuo capitale nemico, e sappi di più che sono cristiano due volte battezzato; però guardati da me».
In questo modo posero i due cavalieri fine alle loro querele, e minacciandosi l’un l’altro presero del campo, si diedero colle lancie gran colpi, e rotte le lancie, colle spade si volsero alla battaglia. Finistauro assalì il Guerino con gran ferocità, e questi si serrò sotto l’arme ponendo mente a’ modi di quel cavaliere con grande avviso, perchè aveva udito che egli era il più forte cavaliere in battaglia che in quel tempo si trovasse. Dando e togliendo ciascuno molti colpi, si approssimarono ambidue, ed abbandonarono le redini dei loro cavalli, i quali trasportati l’un l’altro, tornavano e venivano a ferirsi con furia per assalirsi ad ambe mani colla spada. I cavalli si drizzarono l’un contra l’altro, per modo che i baroni menando le spade diedero sulle teste de’ cavalli, sicchè Guerino uccise il cavallo di Finistauro, ed egli quel di Guerino. Caduti morti i cavalli ad un tratto, essi si alzarono colle spade in mano, combattendo francamente, e pregando ciascuno il suo Dio che l’aiutasse. Il Guerino diceva: «O vero Dio, Padre, Figliuolo e Spirito Santo, dammi grazia che questo nemico della tua fede io faccia ricredente, e che trovi il padre mio e la mia generazione, acciò io possa adempiere il quarto comandamento della tua legge: Onora il padre»; e in questo dire scagliò un gran colpo a Finistauro. Finistauro si gettò con furia lo scudo dietro le spalle, e percosse Guerino ad ambe le mani con sì gran colpo che lo stordì. Guerino dette poi sì forte sulla testa di Finistauro che gli ruppe l’elmo. Per questo colpo Fi-