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capitolo xiii. 127


Tutta la baronia si rallegrò appena sentì che l’arca di Maometto si mostrava. E nella seguente mattina si radunarono insieme molti gentiluomini e baroni, i quali facendo corteo all’Almansore che aveva il Meschino per mano, si portarono alla Moschea, che è una chiesa rotonda e molto alta, ma minore di Santa Maria Rotonda, la quale è nella città di Roma. Il Meschino osservò esattamente come la detta chiesa era fatta. Era intorno infino al mezzo bianca, dal mezzo in su tutta nera. V’era in essa una cappella, la quale intorno era tra il bianco ed il nero con una lista rossa, ed aveva due finestre tonde, una verso levante, verso ponente l’altra; ed in mezzo di que-

    di essa si vede una mezza luna d’oro con le punte rivolte in alto; nel mezzo della quale vi è un chiodo grosso come un dito, che tirato dalla calamita si tiene sospeso per aria fra la calamita e la cassa. In questa mezza luna sono incastrati diamanti ed altre gioie di gran pregio. Questo è il tanto decantato miracolo del sepolcro di Maometto, che ai maomettani idioti e più zelanti cagiona estasi furiose: perchè alcuni si fanno crepare gli occhi per non vedere dopo ciò cosa alcuna. «Di questo tempio, o meskita, gettò le fondamenta lo stesso Maometto nella sua trasmigrazione dalla Mecca in Medina, tempo da cui i maomettani cominciano a computare gli anni dell’Egira. Il tempio della Mecca, assai famoso presso i maomettani per essere in quella città nato Maometto, vogliono che sia stato innalzato a Dio dalle mani d’Abramo, più degnamente del tempio di Salomone. Non è meno ricco del tempio di Medina, nè meno privo di superstizioni. Basta il dire che nell’entrare di questo tempio, che essi chiamano kaabe, cioè casa quadrata, si vede vicino alla porta una pietra grossa come la testa d’uomo, che dicono essere scesa dal cielo, che altre volte era bianca, e che per i peccati degli uomini sia diventata nera. Questa pietra è in gran venerazione, perchè dicono che quando Abramo fabbricava con le sue mani questa casa a Dio, era sopra queste pietra che si alzava ed abbassava, secondo il bisogno, acciò non vi lasciasse alcun bugio, o altro mancamento ne’ muri. Quello che bacia il primo questa pietra nel tempo del Salamè, che è dopo la preghiera del Kous Klouk, il venerdì che s’incontra ne’ tre giorni che stanno alla Mecca, è riputato santo, ed ognuno procura di baciargli i piedi, e vi si affollano in modo, che, se non si salva in luogo di difesa, sarebbe soffocato.
    Delle superstizioni maomettane molto sarebbe a dire, basta il leggere la storia delle tanto svariate sètte di quella religione, e conoscere i riti e le costumanze, per essere convinti che tutto ciò che va soggetto ai sensi degli uomini, partecipa alla loro originale imperfezione. Quanto avvi di ridicolo e di stravagante, che i maomettani non facciano nella loro peregrinazione alla Mecca! Vorrestù perciò deridere il Corano ed il pio maomettano, che comprende la sua religione in questo assioma: Non v’è Dio fuori di Dio, Maometto è l’apostolo di Dio? Vorrestù aver meno venerazione al Vangelo ed alla religione cristiana, per quelle peregrinazioni in Terra Santa, o perchè una volta bastava andare a Roma e a San Jacopo di Campostella per lavarsi l’anima da qualunque più brutto peccato? Deridere la religione altrui, perchè essa non è la nostra, è ingiustizia o barbarie dei tempi.