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capitolo xii. 115

Meschino ordinò all’oste e ad un franc’uomo d’arme, che se nel termine di sette giorni non tornavasene, ritornassero pure a Tigliafa per terra. Indi presero la via difficile della montagna.

Stettero un dì e mezzo a montare il monte, e andarono due volte intorno al poggio, donde il Meschino vedeva il mar d’India ch’era appresso le bandiere del suo campo. Per quel mare d’India avvi ogni dieci anni il perdono a quegli Alberi del Sole, come a Roma è il Giubileo, e vanno con maggior riverenza a quel perdono che non fanno i Cristiani a Roma, e al Santo Sepolcro di Gerusalemme. Quanto più andavano in alto, andavano con maggior pericolo per greppi aspri e grandi, dove non si può andare se non per un sentiero piccolo, e chi precipitasse di là, si ridurrebbe in polvere. Quindi per sicurezza si va a piedi.

Il secondo dì trovarono un piano con tre porte di monti attorno, l’uno verso levante, l’altro verso ponente, e l’ultimo dalla parte australe. E verso le parti fredde di tramontana era un tempio di pietre vive, di lunghezza trenta braccia, largo quindici, ed alto venti, e murato di piccoli sassi come fossero ghiaia di fiume. Innanzi all’entrata era una piccola piazza con un gran piano. Ed il tempio era situato in un bosco d’alberi. Allora ricordossi il Meschino delle antiche istorie dei nobili virtuosi incoronati di lauro, e perchè Apollo fu chiamato Dio della Sapienza, cui dissero i poeti essere stato trasformato in Lauro dalla bella vergine Penifa figliuola di Peneo, per la caccia di Febo cioè del Sole chiamato Apollo. Quando eglino vollero entrare in questo praticello, venne loro un uomo alto incontro, vestito di grossi panni e discalzo senza niente in piedi nè in capo, ma aveva bene molta capigliatura. Questo uomo domandò quello che essi andavano cercando. Gli risposero i sacerdoti pagani, dicendogli quel che cercavano. Allora quell’uomo li fece tutti inginocchiare, e disse loro se erano casti di tre dì, che entrassero nella piazza sacra; se non erano poi casti, non entrassero e non toccassero gli Alberi, chè essi erano sacrati al Sole e ad Apollo loro Dio. Disse allora il Meschino fra sè: «O vana fede di questi falsi sacerdoti che si lasciano ingannare da’