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110 | guerino. |
gire, sbaragliandosi fra loro medesimi, al che niun riparo potè esser fatto. Rimasero morti de’ nemici ventiquattromila, e circa mille di quei di Tigliafa.
Seguitò la vittoria pel paese dieci giorni pigliando città e castella. Ritornò la pace; ed il Meschino ricercò subito dei costumi e dell’indole di quel paese. Dimandò, perchè quelle genti non si facevano battezzare, al che rispose Cariscopo, non essere usanza, ognuno potendo tenere qual fede più gli piace, purchè obbedisca al suo signore. Questo solo è necessario per ottenere salute dopo morte. Tutte queste cose e il modo di vita gli disse Cariscopo di quelle genti. Tornarono poi indietro a Tigliafa, ove quelli della città vennero al Meschino innanzi con rami e fiori giubilando per la vittoria, e le damigelle tutte cantando e ballando. Non si potrebbe ridire il grande onore che fu fatto al Meschino, il quale stettevi tre dì, poi volle proseguir suo viaggio. Cariscopo dissegli: «Voi non potrete andar solo, come siete venuto sin qui, perciocchè per mare è pericolo d’andarvi attesa la fortuna de’ venti caldi. A vostra maggior sicurtà io voglio venire in vostra compagnia con quanto sarà mestieri». Il Meschino fu di ciò allegro, e ne parlarono coi maggiori della città, i quali misero in ordine quello che era mestieri di buona vettovaglia per suo onore e sostentamento. Fecero que’ della città gran consiglio per fare al Meschino grandissimi doni e mandarglieli. Il Meschino tutto rifiutò, e domandò loro solamente una guida che il conducesse agli Alberi del Sole, dove l’animo suo era d’andare. Ed essi dieder l’ordine che Cariscopo con quaranta elefanti armati, quattromila uomini, de’ quali quattrocento a cavallo, e con cinquecento cammelli armati, gli facesse compagnia. Fecero apparecchiare quelle cose che erano necessarie per tutto quel cammino; poscia il Meschino e Cariscopo partirono, accompagnati da molti giovani gentili della città.