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addosso, aspetta la nostra gente che sia con te». Rispose il re a queste parole: — Per Maometto! se fossero dieci come lui, non starei d’andargli addosso;» e messosi lo scudo al petto, e la lancia impugnata, venne contra i Mediani, avendo seco otto e non più de’ suoi. Gli altri venivan dietro a quattro e a sei, secondo che eran meglio a cavallo. Il re e i suoi pochi essendo appresso al Guerino, questi si mise la lancia sopra la coscia, e drizzò verso loro il cavallo. In questo l’Arabo si fermò, e gridò ad alta voce, dicendo: «O signore, io vedo l’atto di quel cavaliero. Per Dio! torna indietro, ch’egli ti darà la morte». Il re Pacifero si fece beffe di lui, e con gran grida dette de’ piedi al cavallo. Il Guerino allora si raccomandò a Dio, e fattosi il segno della croce, spronò il cavallo e gli venne incontro. Percosse il re, e il re percosse lui, e le armi del Guerino sostennero, ma quelle del re fallirono, per la qual cosa il Guerino gli passò lo scudo e tutta la spalla sinistra, rimanendogli dentro nella spalla il tronco della lancia. Il re, presa la spada, si mise fra gli altri combattendo tutti contra il Meschino, ma egli alcuni ne uccise, gli altri fugò e disperse, e vedendo che il re Pacifero per la ferita non poteva troppo guidare il cavallo, sdegnoso gli andò addosso gridando: «O traditore, che tanto vitupero volevi usare contro di me, è giunto il tempo di vendicarmi. Se tu m’avessi fatto onore, ti camperei, ma tu in vece mi hai fatto vituperio, dunque muori!» E dettegli un colpo sopra la testa, che lo partì fino al collo, e come l’ebbe morto, prese il cavallo di lui che era molto meglio del suo, montatolo e tolta una lancia dei famigli del re, andò dietro a’ due Mediani. In questo mezzo l’Arabo, che fuggiva, scontrando le genti, loro diceva triste novelle del re, e piangendo, esclamava: «Che pazzia è questa, che noi ci siamo messi a seguitare i figliuoli degli Dei?» Vedendo poi da lungi partire il Meschino, andarono per il corpo del re, lo presero e portarono alla città, dove con gran pianto fu seppellito.

Passati otto mesi, la figliuola partorì un figliuolo maschio, cui pose nome Pelione di Parchinas, il quale fu molto franco cavaliere e della persona grande. Il Meschino all’incontro, dopo cavalcato cinque giornate senza impedimento, entrò nel regno Tabiano, e giunse alle terre abitate.