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scuole del collegio romano, affinchè ivi desse opera ai consueti studi di grammatica e di belle lettere. Iniziato quindi alle matematiche, mostrò un amor caldissimo a queste scienze: e l’abate Calandrelli, che lo ebbe fra i suoi disciepoli, conobbe meglio d’ogni altro quanto a tal maniera di occupazioni potesse riuscire atta la mente del Conti. Perciò pose in lui un affetto singolare: e sovente lo aveva seco, piacendosi d’introdurlo nelle più sottili ricerche dell’analisi; talchè in pochi anni il Conti non pur lasciò dietro a se di lungo intervallo i suoi coetanei, ma fu innanzi altresì a molti che aveano consumato lunghissima età in siffatti studi. E però quando nel liceo gregoriano vacò la cattedra di fisico-matematica, i superiori di quello non videro persona di lui più acconcia al grave incarico. Egli lo tenne per ben quarant’anni: e con sì profonda dottrina, e con sì piacevoli modi, che lasciava ne’ giovani allievi il più vivo desiderio di se, allorchè si dipartivano dalla sua scuola. Infatti ebbe il Conti nell’insegnare quell’arte ammirabile che sovente si desidera in uomini di gran fama e di vasto sapere: e per essa si cattivò la stima e l’affetto de’ suoi discepoli, molti de’ quali or vivono chiarissimi in questa città ed altrove.

Ma ad altro ufficio, non meno importante che si fosse quello di professore, venne poscia chiamato il Conti, quando l’ab. Calandrelli desiderò nella nuova specola averlo a compagno delle sue fatiche. Cominciò allora tra il Conti ed il Calandrelli quell’amicizia, che fiorì poi tra loro per ben quarant’anni, e per cui il Conti non dubitò di ricusare uffici ed onori ben più lusinghieri, siccome quello di presidente all’osservatorio di Bologna, e l’altro di educatore d’un giovane