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mato agli onori municipali, e nel 1568 egli divenne bailiff, che è quanto dire il primo magistrato della sua città. Stratford possedeva scuole, dove i figli dei membri delle Corporazioni venivano educati senza spese, e quivi il futuro poeta imparò un po’ di latino e un po’ di greco. Più tardi imparò a Londra il francese, l’italiano e forse lo spagnuolo. Vuolsi che strettezze domestiche gli abbiano fatto lasciare gli studj a mezzo: alcuni scrivono che si acconciò a fare il maestro di scuola, altri lo scrivano d’avvocato; altri invece, e Châteaubriand fra questi, ce lo dipingono fra i bevitori di birra, sfidandoli sotto un albero di pomi a tracannare la bionda cervogia, e vincendo le scommesse. Non vi sono argomenti nè per affermare, nè per negare.

Quel che sappiamo di certo (perchè nel 1836 fu scoperto e pubblicato l’atto legale) è che nel dicembre 1582 Guglielmo, a 18 anni e 8 mesi, sposò Anna Hathaway che contava otto anni più di lui, e che cinque mesi dopo gli nacque la figlia Susanna. I pudichi biografi inglesi si trovano a disagio fra queste due eloquenti date che spiegano il motivo del matrimonio colla matura donzella; ma non si possono alterarle. È certo però che se l’amore unì, prima del prete, Guglielmo ed Anna, poco dopo battè l’ali lungi da quella casa. Nondimeno la moglie regalò ancora nel 1585 due gemelli al marito; ma questi, poco apprezzando tale fortuna, scappò di casa e si recò a Londra.

Si vuole che sia fuggito da Stratford per una questione avuta con sir Tommaso Lucy: Shakespeare avrebbe cacciato di contrabbando sulle terre del Lucy, e sarebbe stato costretto a comparire in umile atto davanti all’offeso. Il poeta si vendicò affiggendo una satira alla porta del castello: l’ira di sir Tommaso costrinse Shakespeare a cercare miglior fortuna altrove.

Il suo genio lo spingeva al teatro. Una tradizione vuole che, non sapendo come vivere, fosse ridotto a custodire alle porte dei teatri i cavalli degli spettatori. Questa si giudica una favola; piuttosto si sa che entrò in una compagnia comica, sebbene senza troppo distinguersi. La parte più importante che sostenne, pare sia stata quella del fantasma nell’Amleto. «Il primo erede della mia fantasia (scrisse egli) fu Venere