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atto primo. 27
letto divino, e sfogherebbe i suoi più turpi appetiti. — Ma sta e’ parmi sentir l’aria del mattino; precipito il racconto. — Addormentato nel mio giardino, secondo il costume che ne avevo, nelle ore meridiane, giovandosi della mia sicurezza, tuo zio venne furtivo presso di me con una fiala di iosciamo,1 ch’ei mi versò in un orecchio. Quel liquore fatale è così nemico dell’uomo, che, rapido come il mercurio, invade tutti i canali del corpo, e fa ristagnare il sangue più puro come una goccia d’acido nel latte. Questo avvenne per me, che da una lebbra istantanea mi trovai avvolto, e vidi coprirsi la mia fina pelle di una squama fetida ed infetta. Così dormendo, mi fu tolto dalla mano di un fratello la vita, la sposa o la corona; così fui ucciso in mezzo ai miei peccati, senza apparecchi, senza gli ultimi conforti della religione, senza aver dato assetto ai conti della mia coscienza, e fui costretto a comparire davanti al mio Giudice carico di tutto il peso delle mie infermità. Oh orribile! orribile! orribile! se è in te un po’ di cuore, non sopportarlo; non tollerare che il real letto di Danimarca sia fatto segno di lussuria e di un infame incesto. Ma comunque tu adoperi per vendicarmi, serba intera la mente e non macchinar nulla contro tua madre; lei lascia al Cielo e a quei rimorsi che già le straziano il petto. Addio. Il verme lucente, il cui fuoco inoffensivo2 comincia a impallidire, annunzia l’appressarsi del dì. Addio, addio, Amleto! ricòrdati di me. (Esce.)
AMLETO.
Oh voi tutte coorti del Cielo! Oh terra! Chi accoppierò vosco? L’inferno?... Oh infamia!... Frènati, mio cuore; e voi, muscoli del mio corpo, non invecchiate subitamente e reggete le mie forze! — Ricordarti? Sì, sventurata anima, finchè la memoria durerà in questo abbominevole mondo. Ricordarti? Sì, dalle tavole del mio pensiero sbandirò tutte le frivole memorie dell’amore, tutti i precetti dei libri, tutti i vestigi, tutte le impressioni del passato, incise in esse dalla gioventù e dall’osservazione, e il tuo comando vi si scolpirà solo, senza mistura di cose minori: sì, sì, pel Cielo! Oh fatalissima donna! Oh scellerato, scellerato ipocrita! infame scellerato... Il mio portafogli, il mio portafogli.... è bene ch’io vi noti che un uomo può sorridere e sorridere, ed essere uno scellerato (scrivendo); almeno son sicuro che questo può avverarsi in Danimarca.
  1. Hebenon, hyoscyamus niger, giusquiamo considerato come un veleno potentissimo ai tempi di Shakspeare.
  2. Senza calore.