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Scena Prima. 63

Colui, che riferillo, e che ’l condussi:
Hor me ne pento) che Silvia dovea
Con Dafne ire à lavarsi ad una fonte.
Là dunque s’inviò dubbio, et incerto,
Mosso non dal suo cor, ma sol dal mio
Stimolar importuno, e spesso in forse
Fù di tornar indietro, et io ’l sospinsi,
Pur mal suo grado inanzi. hor, quando homai
C’era il fonte vicino: ecco, sentiamo
Un feminil lamento: e quasi à un tempo
Dafne veggiam, che battea palma à palma,
La qual come ci vide, alzò la voce:
Ah, correte, gridò: Silvia è sforzata.
L’inamorato Aminta, che ciò intese,
Si spiccò com’un pardo, et io seguillo:
Ecco miriamo à un’arbore legata
La giovinetta ignuda come nacque
Et à legarla fune era il suo crine:
Il suo crine medesmo in mille nodi
A la pianta era avvolto: e ’l suo bel cinto,
Che del sen virginal fù pria custode,
Di quello stupro era ministro, et ambe
Le mani al duro tronco le stringea,
E la pianta medesma havea prestati
Legami contra lei, ch’una ritorta
D’un pieghevole ramo havea à ciascuna
De le tenere gambe. A fronte, à fronte
Un Satiro villan noi li vedemmo,
Che di legarla pur allhor finia.
Ella quanto potea, faceva schermo;


Ma,