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62 Atto Terzo.

Ponesti quanto in loro è di gentile,
Di mansueto, e di cortese; e tutte
L’altre parti obliasti? ahi, miserello,
Forse hà se stesso ucciso: ei non appare;
Io l’hò cerco, e ricerco homai tre ore
Nel loco, ov’io il lasciai, e ne i contorni;
Nè trovo lui, nè orme de’ suoi passi.
Ahi, che s’è certo ucciso. Io vò novella
Chiederne à que’ pastor, che colà veggio:
Amici, havete visto Aminta, ò inteso
Novella di lui forse? Choro Tu mi pari
Così turbato: e qual cagion t’affanna?
Ond’è questo sudor? e questo ansare?
Havi nulla di mal? fà, che’l sappiamo.

Tirsi
Temo del mal d’Aminta; havetel visto?
Choro
Noi visto non l’habbiam, dapoi che teco

Buona pezza, partì: ma, che ne temi?

Tirsi
Ch’egli non s’habbia ucciso di sua mano.
Choro
Ucciso di sua mano? hor, perche questo?

Che ne stimi cagione? Tirsi Odio, et Amore.

Choro
Duo potenti inimici, insieme aggiunti,

Che far non ponno? ma, parla più chiaro.

Tirsi
L’amar troppo una Ninfa, e l’esser troppo

Odiato da lei. Choro Deh, narra il tutto:
Questo è luogo di passo, e forse intanto
Alcun verrà, che nova di lui rechi:
Forse arrivar potrebbe anch’egli istesso.

Tirsi
Dirollo volontier che non è giusto,

Che tanta ingratitudine, e si strana
Senza l’infamia debita si resti.
Presentito havea Aminta (et io fui, lasso,


Colui,