Dolcezze inamaristi. Amor venale,
Amor servo de l’oro, è il maggior mostro,
Et il più abominabile, e il più sozzo,
Che produca la terra, o ’l mar frà l’onde.
Ma, perche in van mi lagno? Usa ciascuno
Quell’armi, che gli hà date la natura
Per sua salute: il Cervo adopra il corso,
Il Leone gli artigli, et il bavoso
Cinghiale il dente: e son potenza, et armi
De la donna, Bellezza, e Leggiadria.
Io, perche non per mia salute adopro
La violenza, se mi fè Natura
Atto à far violenza, et à rapire?
Sforzerò, rapirò quel che costei
Mi niega, ingrata, in merto de l’amore:
Che, per quanto un caprar testè mi hà detto,
Ch’osservato hà suo stile, ella hà per uso
D’andar sovente à rinfrescarsi à un fonte.
E mostrato m’hà il loco. ivi io disegno
Trà i cespugli appiattarmi, e trà gli arbusti,
Et aspettar fin che vi venga: e, come
Veggia l’occasion, corrergli addosso.
Qual contrasto col corso, ò con le braccia
Potrà fare una tenera fanciulla
Contra me, sì veloce, e si possente?
Pianga, e sospiri pure, usi ogni sforzo
Di pietà, di bellezza: che, s’io posso
Questa mano ravvoglierle nel crine,
Indi non partirà, ch’io pria non tinga
L’armi mie per vendetta nel suo sangue.