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38 Atto Primo.

Ove gli astuti, e scaltri Cittadini,
E i cortegian malvagi molte volte
Prendonsi à gabbo, e fanno brutti scherni
Di noi rustici incauti. Però, figlio,
Và su l’avviso, e non t’appressar troppo
Ove sian drappi colorati, e d’oro,
E pennacchi, e divise, e foggie nove:
Ma sopra tutto guarda, che mal fato,
O giovenil vaghezza non ti meni
Al magazino de le ciancie. ah fuggi,
Fuggi quell’incantato alloggiamento.
Che luogo è questo? io chiesi. ed ei soggiunse,
Quivi habitan le maghe, che incantando
Fan traveder, e traudir ciascuno.
Ciò che Diamante sembra, ed oro fino,
È vetro, e rame, e quelle arche d’argento,
Che stimeresti piene di thesoro,
Sporte son piene di vesciche bugge;
Quivi le mura son fatte con arte,
Che parlano, e rispondono à i parlanti,
Né già rispondon la parola mozza,
Com’Echo suole ne le nostre selve,
Ma la replican tutta intiera intiera,
Con giunta anco di quel, ch’altri non disse.
I trespidi, le tavole, e le panche,
Le scranne, le lettiere, le cortine,
E gli arnesi di camera, e di sala,
Han tutti lingua, e voce, e gridan sempre.
Quivi le ciancie in forma di bambine
Vanno trescando, e, se un muto v’entrasse,


Un