Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
Scena Seconda. | 37 |
Come l’aspe l’incanto. Tirsi Hor ti confida,
Ch’à me dà il cuor di far, ch’ella t’ascolti.
- Aminta
- O nulla impetrerai, ò, se tu impetri,
Ch’io parli, io nulla impetrerò parlando.
- Tirsi
- Perche disperi sì? Aminta Giusta cagione
Hò del mio disperar, che il saggio Mopso
Mi predisse la mia cruda ventura,
Mopso, ch’intende il parlar de gli augelli,
E la virtù de l’herbe, e de le fonti.
- Tirsi
- Di qual Mopso tu dici? di quel Mopso,
C’hà ne la lingua melate parole,
E nelle labra un’amichevol ghigno,
E la fraude nel seno, ed il rasoio
Tien sotto il manto? Hor sù, sta di bon core,
Che i sciaurati pronostichi infelici,
Ch’ei vende à mal accorti, con quel grave
Suo supercilio, non han mai effetto:
E per prova so io ciò che ti dico;
Anzi da questo sol, ch’ei t’hà predetto,
Mi giova di sperar felice fine
A l’Amor tuo. Aminta Se sai cosa per prova,
Che conforti mia speme, non tacerla.
- Tirsi
- Dirolla volontieri. Allhor, che prima
Mia sorte mi condusse in queste selve,
Costui conobbi, e lo stimava io tale,
Qual tu lo stimi: intanto un dì mi venne
E bisogno, e talento d’irne dove
Siede la gran Cittade in ripa al fiume,
Et à costui ne feci motto. ed egli
Così mi disse: Andrai ne la gran Terra,
Ove |