P R O L O G O. 19

Questo io so certo almen, che i baci miei
Saran sempre più cari à le fanciulle,
Se io, che son l’Amor, d’amor m’intendo:
Onde sovente ella mi cerca in vano,
Che rivelarmi altri non vuole, e tace.
Ma, per istarne anco più occolto, ond’ella
Ritrovar non mi possa à i contrasegni,
Deposto hò l’ali, la faretra, e l’arco.
Non però disarmato io qui ne vengo,
Che questa, che par verga, è la mia face.
Cosi l’hò trasformata, e tutta spira
D’invisibili fiamme: e questo dardo,
Se bene egli non hà la punta d’oro,
È di tempre divine, e imprime Amore
Dovunque fiede. io voglio hoggi con questo
Far cupa, e immedicabile ferita
Nel duro sen de la più cruda Ninfa,
Che mai seguisse il Choro di Diana.
Nè le piaga di Silvia sia minore,
(Che questo è ’l nome de l’alpestre Ninfa)
Che fosse quella, che pur feci io stesso
Nel molle sen d’Aminta, hor son molt’anni,
Quando lei tenerella, ei tenerello
Seguiva ne le caccie, e ne i diporti:
E, perche il colpo mio più in lei s’interni,
Aspetterò, che la pietà mollisca
Quel duro gelo, che d’intorno al core
L’hà ristretto il rigor de l’honestate,
E del virginal fasto; & in quel punto,
Ch’ei fia più molle, lancerogli il dardo;
E, per far si bell’opra à mio grand’agio,


Io