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I VALICHI ALPINI


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’appellativo ’di Via Gentium, che fu per autonomasia applicato al Gottardo, si può con ragione estendere a molti fra i più agevoli passi dischiusi da natura nel grande arco delle Alpi dal Nizzardo all’altipiano del Carso. Fino dalle epoche remotissime, di cui rimane solo qualche informe tradizione, raccolta nelle prime storie scritte, è certo che le immigrazioni indo-europee operatesi per la via continentale, dovettero, dopo riempiute le sterminate ^Oreste della Pannonia, della Germania, della Gallia, ecc., riversare nel vasto bacino Padano l’eccesso della popolazione o le tribù scacciate dalle guerre fuori dal patrio territorio. Cosi il Veneto ripete il suo nome dai Venedi, che stanziavano in Prussia nei confini tra i Germanni o gli Slavi; le alte valli del Piemonte e Lombardia furono corse ed occupate dagli Elvezii, dai Retici; ed infine i Romani applicarono il nome di Galia Cisalpina a tutta l’alta Italia appunto per il fatto che l’ultima più vasta e sicura immigrazione fu quella dei Galli, fondatori di gran parte delle nostre città e borgate, in cui troviamo nomi celtici ad ogni piè sospinto fin nella Toscana e nelle Marche. E l’onda di tante bellicose tribù urtò contro la stessa Roma in epoca recente, quand’era già retta a repubblica. In quale stato fossero a quei tempi i gioghi alpini è facile immaginarlo: sentieri a malapena tracciati dalla scure nelle fitte foreste, ch’empivano le nostre valli; ponti aerei, improvvisati coi tronchi abbattuti sui burroni, sugli abissi; nessuna stabilità, nessuna opera di difesa o sicurezza, ecco le condizioni in cui valicarono a torme i Celti le nostre Alpi, i nostri Appennini, lasciando loro anche il nome tolto dal nativo idioma. Ancor non erano spuntate le epoche delle regolari conquiste, delle transazioni commerciali, che rendono indispensabile mantener i più comodi fra i passi in uno stato di viabilità, che permetta il transito sicuro ai mercanti, alle milizie approvviggionate, almeno durante la stagione più benigna dell’anno. Questo vanto spetta interamente ai Romani, che dovettero imprender opere allora non indifferenti per rilegar alla metropoli le lontane provincie transalpine. Già l’ardito passaggio di Annibale aveva loro indicata questa necessità, e negli ultimi due secoli della repubblica e nel periodo imperiale un con. tinuo transito di legioni ha luogo pei valichi, divenuti un legame necessario nella vastissima