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Muovemmo i passi verso il Linceul — un vero lenzuolo di neve di forma rettangolare inclinatissimo — quando il buon Luc con voce trattagli dalla emozione e del piacere: «Voilà, disse, fin dove siamo saliti nell’ultima spedizione.» E ci mostrò una roccia su cui una punta in ferro aveva scritto: E. Whymper — Luc Meynet. — Quella roccia segnava per l’intrepido inglese — che una volta tentò il Cervino da solo e fu ad un pelo di rompersi il collo — e pel bravo gobbetto di Breil il non plus ultra dal versante italiano1. «E stavolta andremo più in su» sclamò ’poscia con accento entusiasta il nostro cacciatore di camosci .. e più rapide mosse facevano le sue gambette e di più viva luce brillavano i suoi grigi occhietti.
Il lenzuolo l’attraversammo poggiando sulla sua estremità e ci toccò far dei gradini nella neve e badar bene a reggerci, poiché sotto v’era il ghiaccio, liscio come vetro e duro come roccia.
Ed arrivammo ad uno dei punti fra i più solenni — pei salitori — del Cervino. Lungo una parete di roccia di un dodici metri tagliata proprio verticalmente — pende una lunga e robusta corda. È la corda di Tyndall fatta là collocare dal celebre inglese. È duopo esercitare il giuoco dei funamboli per buon tratto e se il giuoco va male, non è un po’ di sabbia o un mucchio di covoni di paglia che siano lì pronti ad accogliere i nostri corpi, ma un precipizio, irto di roccie, il cui fondo, nero e spaventevole biecamente ci guarda. — «Con questi mezzi» — pensai fra me e me fissando la corda che dondolavami sulla testa «si è riescito e si riesce a violentare la natura; è sempre l’ingegno umano che, rintuzzato da un coraggio e da un volere — erculei — riesce a vincere quanto si propone. Avanti dunque.» Il lungo Jean Joseph si è già aggrappato, con tutta la forza delle sue mani alla corda e si arrampica finché l’altra corda — che tutti ci annoda e che ci separa da Carrel — glielo permette, e poi mettendo il piede sopra una lieve sporgenza di roccia, si volta ed attende gli altri.
In breve il bersagliere (Carrel) gli è presso e viribus unitis aiutano l’ingegnere a salire. Alla stess’opera attende il Jean Pierre che gli vien dietro adagio adagio, sorvegliandone e proteggendone ogni mossa .. A palmo a palmo, l’un dopo l’altro, sempre sudando or freddo or caldo ed aiutandosi di mani e piedi, ci tiriamo su. Joseph è già arrivato a padroneggiare la roccia e di là ei può dirigere e sorreggere tutta la carovana. Il nostro Luc è ancora al basso della corda e tutti noi siamo come sospesi fra cielo e terra e donduliamo nello spazio. Il Luc sta intanto per vincere una della più fiere battaglie che siansi impegnate contro di lui e continua a guardare le nostre mosse e le mosse della corda con un occhio fra l’atterrito ed il perplesso. Dubita che le sue forze non siano sufficienti a vincere tanto passo... «Courage Lue et avant» gli gridiamo dall’alto: «Eh bien courage!» risponde, e si afferra alla corda e si arrampica lui pure con forza ed energia tali che ne restammo tutti sbalorditi .. Un dopo l’altro superammo la grande corda, e fu questa una delle nostre fatiche d’Ercole.
Il quarto d’ora di Rabelais, non fu certo né più lungo né più terribile! Sapeva che, ai piedi della corda avevamo 4080 m. dal livello del mare e, giunto a dominarla, voleva conoscere con precisione la differenza dal basso all’alto e volli osservare il Fortin. Ahimè! La
- ↑ Whymper salì il Cervino dal versante svizzero il 14 luglio 1865 — giorno della terribile catastrofe che arrecò la morte ai compagni Hudow, Hudson e Douglas ed alla guida Michele Croz.